di Valentina Giulia Milani
Piogge incessanti e inondazioni di una gravità senza precedenti hanno interessato nelle ultime settimane la Nigeria ma anche Camerun, Ciad, Guinea, Mali, Niger. Si contano più di 500.000 persone sfollate, oltre 300.000 case distrutte e almeno 1.000 vittime. Una situazione che potrebbe anche peggiorare nei prossimi giorni, con il rischio aumentato di malattie trasmesse dall’acqua, insicurezza alimentare e malnutrizione. Le inondazioni possono essere attribuite al cambiamento climatico.
“L’acqua sta esondando dappertutto! Uscite tutti, uscite tutti!”. E’ con queste urla che la scorsa settimana si è svegliato, verso mezzanotte, un giovane ventottenne di Maiduguri, in Nigeria. In un’intervista telefonica a un giornale locale il ragazzo ripercorre i terribili attimi di panico vissuti dai residenti della capitale dello Stato nigeriano del Borno a fronte di case spazzate via dall’acqua fino all’ultimo mattone, “cadaveri di coccodrilli e serpenti che galleggiavano tra i corpi umani” in quelle che erano le strade principali e detenuti che fuggivano freneticamente dalla prigione della città mentre le sue mura venivano spazzate via dall’acqua che sgorgava da una diga traboccante.
Situazioni, queste, verificatesi nelle ultime settimane in Nigeria ma anche in Camerun, Ciad, Guinea, Mali, Niger, tra gli altri, dove inondazioni con una portata e una gravità senza precedenti hanno sfollato più di 500.000 persone, distruggendo oltre 300.000 case e causando oltre 1.000 vittime, secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in un comunicato nel quale viene precisato che più di quattro milioni di persone sono state colpite da inondazioni nei sei Paesi dell’Africa occidentale e centrale.
Danni ingenti a case, scuole, strutture sanitarie e vaste aree agricole, con il rischio aumentato di malattie trasmesse dall’acqua, insicurezza alimentare e malnutrizione. La conta delle conseguenze è, ovviamente, lunga.
“L’estensione e la gravità delle inondazioni sono senza precedenti, con devastazioni terribili tra alcune delle comunità più vulnerabili della regione”, ha dichiarato la dottoressa Matshidiso Moeti, direttrice regionale dell’Oms per l’Africa. “L’impatto di queste alluvioni sottolinea la necessità di affrontare l’accelerazione degli effetti del cambiamento climatico. Mentre forniamo assistenza di emergenza, è fondamentale investire nella sostenibilità per proteggere le popolazioni più vulnerabili da queste minacce crescenti”.
Per quanto riguarda la Nigeria, le inondazioni registrate nelle ultime settimane sono state le le peggiori degli ultimi 30 anni. Hanno colpito più di un milione di persone in 15 dei 36 Stati del Paese, con gli Stati del nord e del nord-est più interessati. Intere comunità, strutture sanitarie, scuole e terreni agricoli sono stati inondati. Circa il 40% della capitale dello Stato, Maiduguri, è stato sommerso dall’esondazione della diga la scorsa settimana.
Nel vicino Camerun è in corso un disastro umanitario nella regione dell’Estremo Nord, dove le inondazioni continuano a devastare i distretti di Yagoua, Maga, Kai-Kai e Vele. Le autorità locali, attraverso il Comitato locale per la prevenzione delle inondazioni, hanno rilasciato rapporti preliminari che confermano 11 morti, circa 200.000 sfollati, 44.700 case distrutte e oltre 103.000 ettari di terreni agricoli rovinati.
“La città di Yagoua è la più colpita”, ha dichiarato Midjiyawa Bakary, governatore della regione dell’Estremo Nord del Camerun, il quale ha osservato che “anche la diga di Lagdo non ha ancora iniziato a rilasciare l’acqua, il che è un’altra grande preoccupazione”.
Il rilascio della diga di Lagdo in Camerun rappresenta una preoccupazione per la Nigeria. La crisi alluvionale in corso in Camerun ha infatti spinto la Nigeria a lanciare un allarme su possibili inondazioni in 11 dei suoi Stati. L’agenzia idrologica nigeriana ha annunciato nei giorni scorsi che il graduale rilascio di acqua dalla diga di Lagdo potrebbe aggravare i problemi di inondazione del Paese. L’agenzia ha assicurato che non c’è motivo di allarme immediato.
L’ottimismo, però, non è condiviso da Bakary, secondo cui la situazione potrebbe peggiorare. “Secondo le previsioni meteorologiche, le cose non potranno che peggiorare”, ha dichiarato. “Le piogge avrebbero dovuto cessare entro il 25 settembre, ma le previsioni indicano che continueranno fino all’inizio di novembre”, ha detto alla stampa locale.
Più di un milione di persone sono state colpite anche in Niger, in particolare nelle regioni di Maradi, Zinder, Dosso e Tillabery. Nel Paese è in corso un’epidemia di colera ad Agadez, Moradi, Tahoua e Zinder.
In Mali oltre 179.000 persone devono fare i conti con i danni e i disagi delle inondazioni. Le sfide principali includono lo scarso accesso all’acqua potabile, ai ripari, ai kit igienici e ai farmaci essenziali. La distruzione di case e strutture sanitarie ha lasciato vaste aree con accesso limitato all’assistenza sanitaria.
Il governo di transizione del Mali ha dichiarato lo stato di calamità naturale per contribuire a rafforzare le scorte alimentari nazionali e sostenere le famiglie colpite dalle inondazioni. Nella capitale del Mali, Bamako, un autista ha raccontato di essersi rifugiato con la sua famiglia in un campo per le vittime delle inondazioni sfollate il mese scorso. “Quando l’acqua ci ha sommersi, al calar della sera, ho messo i miei figli e nipoti sul tetto della casa. Ho tenuto i piedi dei più piccoli fino al mattino presto. Non ho avuto il tempo di prendere nessun oggetto. All’improvviso, le acque hanno portato via tutto, ho perso tutto, assolutamente tutto”, ha aggiunto.
Nella sola Bamako, più di 500 abitazioni sono state distrutte. L’International Rescue Committee (Irc) riferisce che le donne, vedove o con figli, sono le più colpite.
Anche in Ciad e Guinea, le devastazioni causate dalle inondazioni hanno lasciato centinaia di migliaia di persone in condizioni di estremo bisogno di assistenza d’emergenza, con terreni agricoli, case e infrastrutture chiave distrutte o danneggiate. In Ciad sono state colpite tutte le 23 regioni.
La maggior parte dei Paesi colpiti, soprattutto quelli del Sahel (Ciad, Mali, Niger e Nigeria), sono già alle prese con alti tassi di malnutrizione acuta e l’interruzione dei servizi sanitari lascia donne e bambini particolarmente esposti al rischio di peggiorare l’impatto della malnutrizione.
La devastazione delle inondazioni ha privato le famiglie dei mezzi di sussistenza, oltre a provocare sfollamenti, morti per annegamento, scomparsa di membri della famiglia, perdita di proprietà ed esposizione alla violenza. Queste sfide contribuiscono al disagio psicologico e ai disturbi della salute mentale, sottolinea l’Oms.
“Inoltre, il rischio di malattie prevenibili da vaccino come il morbillo tra i bambini potrebbe aumentare a causa del sovraffollamento nei siti di sfollamento tra popolazioni con uno stato nutrizionale ridotto e una bassa copertura vaccinale. In Mali, Niger e Nigeria sono già in corso epidemie di morbillo”, si legge nella nota dell’Organizzazione mondiale della salute.
Secondo i meteorologi, le piogge dovrebbero continuare nelle prossime settimane, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria in corso. L’intensità delle piogge in un breve lasso di tempo, il suolo già degradato, la scarsa pianificazione urbana e l’attuale straripamento dei fiumi hanno aggravato la crisi delle inondazioni. Le inondazioni possono essere attribuite al cambiamento climatico. Secondo l’Irc nella regione del Sahel centrale dell’Africa occidentale le temperature stanno aumentando il 50% più velocemente rispetto alla media globale.
“Si prevedono inondazioni fluviali ancora più gravi nel corso dell’anno, che potrebbero aumentare la sofferenza dei bambini e delle famiglie della regione”, ha dichiarato il Direttore regionale dell’Unicef per l’Africa occidentale e centrale, Gilles Fagninou.