E’ sempre più una situazione da guerra civile quella in corso tra Camerun e separatisti dell’Ambazonia. Pochi giorni fa c’è stato un combattimento nella zona di Nguti, nella parte sud-occidentale del paese tra soldati governativi e separatisti. Ufficialmente ci sarebbe stato un soldato ucciso ma diverse testimionianze locali parlano di più vittime.
Pochi giorni fa poi un funzionario del Camerun rapito il mese scorso dai separatisti ha rivolto un appello-video al governo perché crei le condizioni favorevoli perché venga rilasciato. “Vi imploro di intervenire” dice nel filmato l’uomo che è il responsabile per gli Affari sociali della provincia del Nord-ovest. “Dovete dimostrare che i leader dell’Ambazonia che avete arrestato siano ancora vivi. Ho 48 ore, se non li mostrerete sarò sacrificato”. Ad oggi non si sa cosa sia avvenuto, se i prigionieri siano stato mostrati o se il funzionario sia stato ucciso.
Si tratta del secondo funzionario che viene rapito dai separatisti dell’Ambazonia Defence Force, la formazione militare dei sepaparatisti, che attraverso il video chiedono una prova che i 40 compagni, arrestati in Nigeria e deportati a Yaounde’, siano ancora in vita.Pare che i separatisti abbiano cominciato ad usare il rapimento come risposta agli attacchi armati, per contrastare le forze di sicurezza dispiegate nell’area anglofona del Paese, considerate invece forze di occupazione.
L’anno scorso il presidente Paul Biya ha dichiarato guerra all’Ambazonia Defence Force dopo l’uccisione di alcuni agenti di polizia. I separatisti, a loro volta, sostengono di volersi difendere dalla “repressione” avviata dal governo.
Un conflitto che, lasciato a se stesso, non sembra avere margini di mediazione. Tutto si sta svolgendo sotto il totale disinteresse delle organizzazioni regionali africane, dei paesi della regione e anche dell’Unione Africana. La questione lasciata a se stessa non può che portare ad un conflitto generalizzato regionale e ad un bagno di sangue. Ma al momento nessuno si è proposto come mediatore o facilitatore di un dialogo. Paul Biya non vuole sentire ragioni e i separatisti hanno ormai imboccato una strada che non prevede ritorno.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)