Non è chiaro cosa stia accadendo nella regione Amhara, teatro da mesi di forti tensioni tra milizie di autodifesa locali, chiamate Fano, e le forze armate governative. Nelle ultime ore da un lato il governo fa sapere di aver “ripristinato l’ordine” dall’altro, però, annuncia un coprifuoco nelle principali città della regione; tutto mentre testimonianze raccolte da InfoAfrica riferiscono di violenze continue ed esecuzioni sommarie a Bahir Dahr avvenute solo ieri sera.
Questa mattina la Direzione Generale etiopica dello Stato d’Emergenza ha dichiarato che le attività volte a ripristinare l’ordine e la legalità nella regione di Amhara stanno procedendo con successo e le principali città della regione sono state liberate dalla minaccia di quelli che vengono definiti “banditi”.
In una dichiarazione inviata all’emittente radiotelevisiva di Stato Fana Broadcasting Corporation, la Direzione Generale ha valutato la fase iniziale delle attività intraprese dalla sua istituzione.
La prima fase del piano era quella di riportare le città di Bahir Dar, Debre Markos, Debre Birhan, Lalibela, Gonder e Shewa Robit a condizioni di pace. Particolare enfasi è stata data a queste aree a causa della loro grande popolazione, dell’alta attività commerciale e turistica e dei centri politici e industriali, ha detto la Direzione Generale.
“Al gruppo distruttivo ed estremista è stata offerta l’opportunità di arrendersi e consegnare le sue armi alle forze di sicurezza nazionali – si legge sul sito di FanaBC – Tuttavia, ha rifiutato l’appello e ha optato per la violenza. Di conseguenza, sono state prese le dovute misure per garantire che l’ordine e la legalità fossero ripristinati in quelle sei città”.
Secondo la nota, la popolazione della regione ha fornito un “adeguato sostegno” alle forze di sicurezza nazionali. Tuttavia nella stessa nota si annuncia anche l’istituzione del coprifuoco nelle sei principali città della regione.
La Direzione ha dichiarato poi che le forze di sicurezza stavano sgomberando i membri del gruppo estremista sconfitto dai loro nascondigli in quelle città e Paesi. “Con la continua eliminazione dei membri del gruppo, le città torneranno presto alla loro pacifica normalità”, ha affermato la Direzione.
Testimonianze ancora da verificare raccolte da InfoAfrica, tuttavia, riferiscono che ieri in alcune zone di Bahir Dahr le forze governative avrebbero proceduto a perquisizioni e rastrellamenti casa per casa portando via o uccidendo gli uomini giovani trovati nelle abitazioni. Ad allargare le fila delle milizie antigovernative Fano, infatti, sarebbero soprattutto giovani uomini.
Crescente tensione e paura è segnalata anche tra gli Amhara che vivono ad Addis Abeba, dove si stanno moltiplicando i controlli e gli arresti tra i giovani.
L’allarme di Mario Giro: Dopo la crisi del Tigray si rischia una nuova guerra
“L’Etiopia rischia di precipitare in una nuova guerra dagli effetti catastrofici”. L’allarme è stato lanciato da Mario Giro, ex viceministro degli Esteri ed esponente della Comunità di Sant’Egidio, tornato di recente da una missione ad Addis Abeba. In una nostra intervista, Giro ha tratteggiato le fragilità dello scenario politico militare del Paese più grande e ricco del Corno d’Africa, popolato da oltre 120 milioni di persone, esprimendo profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione nelle regioni settentrionali, già interessate dalla guerra, scoppiata il 3 novembre 2020, tra Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (Tpfl) e il Governo Federale Etiope con a capo il ministro Abiy Ahmed Ali. “L’accordo di pace raggiunto nel novembre 2022 tra il governo di Addis Abeba e forze tigrine, che ha sostanzialmente certificato la sconfitta militare di queste ultime, è oggi minacciato da una nuova disputa sui confini regionali tra le popolazioni Tigrine e Amhara”, avverte Giro, riferendo la “forte preoccupazione che traspare nei rapporti di ambasciate occidentali ad Addis Abeba, secondo cui che siamo sull’orlo di una nuova guerra”.
Giro ha lamentato la mancata attenzione internazionale su questa area di crisi, ricordato che secondo le stime più accreditate la guerra nel Tigray ha provocato più di seicentomila morti, il doppio della stima delle vittime in Ucraina. “L’intesa raggiunta tra Governo di Addis Abeba e Tplf ha lasciato irrisolte molte controversie territoriali che rischiano di alimentare nuovi e sanguinosi scontri armati su base etnica”. Dal 2020, a causa dei combattimenti, più di un milione di tigrini hanno dovuto scappare dai territori di Alamata, Raya, Welkait e Humera considerate da Macallè come “Tigrai occidentale”, mentre gli Amhara, che ora ne hanno il controllo, sostengono che siano di loro pertinenza e non intendono cederli”. A difesa di quei territori sono attive le milizie Amhara, che hanno aiutato il governo di Addis Abeba ad avere la meglio sui tigrini durante la guerra ma che oggi sono sfuggite al controllo delle autorità e rappresentano una minaccia alla stabilità regionale.
Le nuove tensioni territoriali stanno ridisegnando nuove alleanze, “con paradossali scambi di fronte che vedono in questo momento i tigrini alleati al governo di Addis Abeba contro gli Amhara che godrebbero dell’appoggio eritreo”. La crisi nelle regioni settentrionali – sostiene Giro – peraltro rischia di allargarsi ad altre parti del territorio etiopico, coinvolgendo altre popolazioni, come gli Oromo, maggioranza nel Paese. L’escalation di violenze per le dispute di potere e di terra finirebbe per minacciare l’implosione e la frammentazione dell’Etiopia, come avvenuto nell’ex Jugoslavia, una nazione federale i cui equilibri e confini regionali, disegnati su base etnica, sono sempre più precari”.