Tratto dall’omonimo libro reportage di Ryszard Kapuściński, Ancora un giorno di Raúl de la Fuente e Damian Nenow racconta, utilizzando animazione e immagini di repertorio, il viaggio del reporter polacco nel cuore della guerra civile angolana.
Nel 1975, in attesa della Dichiarazione d’Indipendenza, l’Angola si trova nel pieno del complicato processo di decolonizzazione dal Portogallo, intrapreso subito dopo il successo della Rivoluzione dei Garofani. Il Paese, diviso tra Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (Mpla), sostenuto da Unione Sovietica e Cuba, e Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (Unita), appoggiata da Stati Uniti d’America e Sudafrica, è uno degli scenari infuocati della Guerra fredda.
A Luanda, i cittadini portoghesi fuggono frettolosamente dalla città stipando i loro averi in casse di legno. I negozi chiudono, la polizia sparisce, l’immondizia invade la città. Kapuściński continua imperterrito a mandare telegrammi, riportando aggiornamenti quotidiani all’agenzia stampa polacca. Alla ricerca di una storia forte da raccontare, Kapuściński, accompagnato dal reporter Artur Queiroz, decide di raggiungere gli estremi confini della guerra per cercare Farrusco, veterano di guerra portoghese, passato dalla parte dell’Mpla.
A guidarli, Carlota, carismatica guerriera pronta a sacrificare la vita per la causa della libertà del suo Paese. Kapuściński incontra Farrusco, asserragliato con pochi uomini e senza munizioni, poche ore prima dell’invasione dell’esercito sudafricano. Tornato a Luanda, il giornalista entra in possesso di una notizia che, se divulgata, potrebbe cambiare le sorti della Guerra fredda e causare la morte di migliaia di persone, e si trova di fronte a una scelta difficile.
Una scelta da prendere in una situazione di confusão, parola chiave, la sintesi esaustiva che comprende tutto. Una parola con un significato ben preciso in Angola, ma praticamente intraducibile. Confusão significa coas, disordine, anarchia, una situazione creata dalle persone, ma sulla quale esse hanno perso ogni forma di controllo e ne sono diventate a loro volta vittime”. È qui dentro che Kapuściński costruisce il suo reportage, cercando di scrivere le storie dei “no-name”, i soldati che incontrava nelle trincee e che lo pregavano di farsi fotografare, per lasciare una traccia. «Assicurati che non saremo dimenticati», gli chiede Carlota. È un lavoro di memoria prezioso e non scontato.
Il film è un ritratto vivido, pieno di ritmo e tensione, di questo lavoro. L’impronta documentaristica, mai retorica, è rafforzata da alcune immagini oniriche che ci buttano dietro lo sguardo e dentro l’anima dei protagonisti di una guerra civile dentro la quale si sono affrontate le grandi potenze mondiali.
In sala dal 24 aprile, distribuito da Iwonder.
(Simona Cella)