Quando nel 2008 ha portato i suoi scatti a Siena, nell’ambito della collettiva «.ZA» sulla giovane arte dal Sudafrica, Zanele Muholi era poco più che un’esordiente. Ma il suo lavoro documentario sulle lesbiche sudafricane e l’odiosa pratica dello “stupro correttivo” loro inflitta, insieme con la scenografica serie sulla drag queen Miss D’Vine, hanno subito fatto breccia, rendendola una delle fotografe contemporanee africane più conosciute.
Non a caso la Fondazione Fotografia Modena l’ha selezionata per il suo contest più prestigioso, il Premio Internazionale per la Fotografia. Il 6 marzo sapremo se sarà lei o no la premiata. Ma, a prescindere dal risultato, alcuni tra i suoi scatti più belli saranno esposti al Foro Boario di Modena fino all’8 maggio (assieme a quelli di altri cinque artisti, tra cui il sudafricano Santu Mofokeng).
Nata nel 1972 vicino Durban, Muholi concepisce la fotografia come strumento di denuncia e indagine sociale. In patria il suo attivismo rimane inviso a molti: ha ricevuto minacce e subito contestazioni. All’estero, invece, continua a riscuotere consenso. Ha esposto in tutto il mondo, partecipato anche a Documenta di Kassel (2012) e guadagnato premi rilevanti come il Prince Claus (2013). I suoi scatti si trovano nelle collezioni del Moma di New York e della Tate Modern di Londra.
Info: www.fondazionefotografia.org
(Stefania Ragusa)