Sette relatori speciali del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno inviato una lettera al governo egiziano, criticando la nuova legge sull’asilo firmata il 17 dicembre. Gli esperti avvertono che la legge, così com’è, violerebbe le convenzioni internazionali sui rifugiati e gli obblighi legali dell’Egitto, e sollecitano quindi delle modifiche per allineare il testo agli standard internazionali.
La legge, secondo i relatori, non tutela pienamente il principio di non-refoulement, che vieta il ritorno forzato di persone a rischio di persecuzione. La definizione di rifugiato è più restrittiva rispetto alla Convenzione del 1951 e criminalizza chi fornisce aiuti umanitari senza notifica alle autorità.
Viene poi introdotta una distinzione tra chi entra regolarmente e irregolarmente nel Paese, ignorando che molti rifugiati non hanno alternative. Questo contrasta con la Convenzione del 1951, che protegge i richiedenti asilo anche in caso di ingresso irregolare.
Il Comitato permanente previsto dalla legge, secondo le osservazioni contenute nella lettera, manca di criteri operativi chiari e non garantisce un periodo di transizione adeguato per gestire le domande in sospeso presso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Non vengono nemmeno previste misure specifiche per tutelare le vittime di tratta, soprattutto donne e bambini, aumentando il rischio che siano trattate come criminali. Le basi per negare o revocare lo status di rifugiato sono vaghe e includono criteri come “ordine pubblico” e “sicurezza nazionale”, che possono portare ad abusi interpretativi.
Gli esperti suggeriscono pertanto di includere l’Unhcr nel Comitato permanente, allineare la definizione di rifugiato agli standard internazionali, garantire appelli efficaci e diritto di soggiorno durante le procedure ed eliminare agli rticoli discriminatori e chiarire le modalità operative del Comitato.
La nuova legge rappresenta un primo passo verso la regolamentazione dell’asilo in Egitto, ma presenta gravi lacune che rischiano di compromettere i diritti dei rifugiati, sostengono gli esperti.