“Sono più di dieci anni che aspettiamo i 100 miliardi di dollari promessi all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a far fronte all’emergenza ecologica”: questa la denuncia di Tanguy Gahouma-Bekalé, il gabonese che guiderà la delegazione rappresentante i Paesi africani alla Cop26 di Glasgow, la conferenza annuale sul riscaldamento climatico che prenderà il via domani, domenica 31 ottobre, la più complicata che l’Africa abbia dovuto affrontare.
I Paesi africani intendono fare della Cop26 una piattaforma per costringere i Paesi sviluppati a mantenere le loro promesse finanziarie al fine di limitare il riscaldamento globale, ha fatto sapere Gahouma-Bekalé, che in Scozia sarà accompagnato dal maliano Seyni Nafo, dal congolese Tosi Mpanu-Mpanu e dal sudafricano Zaheer Fakir.
Alla conferenza sul clima di Copenaghen nel 2009, i Paesi ricchi si sono impegnati ad aumentare i loro aiuti annuali ai Paesi in via di sviluppo entro il 2020 per aiutarli ad affrontare l’emergenza ecologica. Per il negoziatore del gruppo Africa, è importante anche “seguire in modo molto trasparente come verranno distribuiti questi soldi”, mentre oggi “non esiste un tavolo di monitoraggio”: “L’Ocse dice che abbiamo già raggiunto il 70-80% dei 100 miliardi. Ma molti Paesi non hanno visto i soldi sul campo. Quindi dove stanno andando questi soldi? ”
L’obiettivo è stato mancato ed è ormai considerato realizzabile nel 2023, ha ritenuto di dire questa settimana il presidente della Cop, Alok Sharma. Il gruppo Africa vuole che si trovi una soluzione per colmare questo divario quest’anno, non tra due anni”, ha insistito il negoziatore, secondo quanto riferito dalla stampa francese. Il continente “sta già affrontando il cambiamento climatico, ma senza esserne responsabile”, ha ricordato.
Per Tanguy Gahouma-Bekalé, “l’Africa non sta affrontando gli stessi problemi” del resto del mondo. “Dobbiamo anche garantire la lotta alla povertà, il lavoro per i giovani e l’energia per tutti”, spiega, sottolineando che metà della popolazione del continente non ha elettricità. Questo aiuto è quindi “molto importante perché si possa concepire uno sviluppo economico compatibile con il cambiamento climatico”, afferma il negoziatore di nazionalità gabonese. Che avverte: “L’Africa non accetterà di limitare il proprio sviluppo economico per sostenere la lotta al cambiamento climatico”.
La delegazione africana ha anche espresso la sua insoddisfazione per l’organizzazione di questa Conferenza sul clima, “la più complicata che l’Africa abbia dovuto affrontare”, sostenendo che riproduce le disuguaglianze invece di mettere tutto il mondo sullo stesso piano. “Il costo per trovare un alloggio è molto alto, quindi i delegati africani possono essere alloggiati a un’ora di distanza” dalla location del vertice, ha deplorato Gahouma-Bekalé. A questo si aggiungono tante “sfide dovute alla quarantena e ai vaccini”, i non vaccinati contro il covid-19 che devono isolarsi al loro arrivo in Scozia e fare diversi test costosi.
Il vertice delle Nazioni Unite sul clima, che si apre domenica in Scozia, è visto da molti come l’ultima possibilità. Il governo britannico spera di persuadere circa 200 paesi a fare di più per ridurre le proprie emissioni di CO2 con la speranza di contenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5° C rispetto all’era preindustriale.