La grande isola-nazione, celebre per i lemuri e la vaniglia, ha avviato la produzione di pregiate uova di storione. Può sembrare un paradosso che in un Paese come questo, dove in tanti soddisfano a fatica i bisogni primari, fiorisca l’industria di un alimento così costoso ed esclusivo. Ma la richiesta di caviale nel mondo è in aumento. E il Madagascar non vuol lasciarsi scappare l’occasione
di Tsiresena Manjakahery – foto di Mamyrael / Afp
«All’inizio, ridevano in tanti della nostra idea. C’è voluto del tempo per dimostrare che facevamo sul serio. E oggi il caviale malgascio è l’unico caviale prodotto in Africa e nell’Oceano Indiano». Delphyne Dabezies è nata in Francia, ma vive da molti anni sull’Isola Rossa. Con il marito Christophe e il loro socio Alexandre Guerrier, come lei francesi, ha deciso di produrre, in uno dei Paesi più poveri del pianeta, un alimento pregiatissimo, sinonimo di lusso e di gastronomia pregiata. Un alimento che si ottiene attraverso la lavorazione e la salatura delle uova delle diverse specie di storione, cioè di pesci d’acqua dolce e salmastra che appartengono alla famiglia Acipenseridae. «In famiglia amiamo il caviale e nella nostra città natale in Francia abbiamo avviato da tempo un’attività di vendita al dettaglio… Quando siamo arrivati in Madagascar ci siamo innamorati subito di questo luogo meraviglioso e abbiamo capito le eccezionali potenzialità del territorio, che già oggi produce e esporta in tutto il mondo alimenti di qualità come cacao, vaniglia, gamberi o litchi… Presto la Grande Isola sarà conosciuta anche per il suo caviale».
Piani ambiziosi
Il commercio mondiale di questo prodotto è oggi in mano a tre Paesi: Cina, Italia e Francia (benché i produttori del Mar Caspio vantino ancora il caviale più pregiato, derivato dallo storione beluga). L’anno scorso, ha lasciato lo stabilimento malgascio la prima tonnellata di caviale: una briciola, in un business globale che supera le 340 tonnellate. Ma i piani di madame Dabezies sono ambiziosi: «Già quest’anno puntiamo a moltiplicare di cinque volte la produzione».
Non è stato facile avviare l’allevamento dei pesci nel Lago di Mantasoa, situato sull’altopiano a 1.400 metri sul livello del mare, una sessantina di chilometri a est della capitale Antananarivo. Gli storioni sono importati dalla Russia sotto forma di uova fecondate, ma si schiudono in un impianto dedicato alla coltura dei pesci a Mantasoa. A pochi passi è stata creata la fabbrica della Rova Caviar Madagascar, dove avviene la lavorazione. «Per prima cosa abbiamo dovuto formare il personale locale», racconta Ianja Rajaobelina, vicedirettore dell’impianto di produzione, che oggi dà lavoro a 300 persone. «Gli esperti professionisti del caviale sono venuti dall’estero per insegnarci i segreti del mestiere».
In tuta e stivali di gomma bianca, Say Sahema si occupa della crescita dei pesciolini con l’apprensione di una madre. «È un compito delicato quello di prendersi cura degli avannotti. Bisogna evitare di dare loro troppo cibo o non abbastanza, al fine di avere il tasso di mortalità più basso possibile», chiarisce. Quando gli storioni raggiungono il peso di 7 grammi, sono immersi in piscine di acqua dolce. Al raggiungimento di 500 grammi, gli esemplari vengono trasferiti in gabbie giganti poste sul fondo del Lago di Mantasoa. Oltre la soglia del chilo e mezzo, solo le femmine vengono mantenute fino alla maturità delle loro uova. I loro compagni maschi finiscono irrimediabilmente tagliati a filetti.
«Scivola in bocca»
La maturazione del caviale richiede pazienza. Le prime uova importate sono arrivate a Mantasoa nel 2013. I primi grammi di caviale non hanno lasciato la fabbrica fino al 26 giugno 2017 (festa nazionale del Madagascar).
La loro qualità dipende dalla destrezza di un giovane di 23 anni: Gaston Soavan Thomas. Lo vediamo all’opera nello stabilimento, con il coltello in mano, mentre estrae le uova dalle viscere degli storioni. Non può sbagliare. «All’inizio avevo paura di distruggere o contaminare le uova, ma oggi mi viene tutto automatico». Dopo l’estrazione delle uova è fondamentale garantire la loro perfetta conservazione. In una cella frigorifera alla temperatura di zero gradi Celsius, Georges Heriniaina Andrianjatovo batte ogni scatola con un martello per rilevare l’eventuale presenza di bolle d’aria nel recipiente. «Oramai ho affinato l’orecchio – assicura –. L’aria ossiderebbe l’alimento alterandone il sapore».
Georges è il responsabile qualità della Rova Caviar. Ha affinato i sensi per valutare colore, gusto e profumo del prodotto. «Un buon caviale deve scivolare nella bocca e profumare di burro fresco», rivela. Una volta superato il test del suo palato, il prodotto raggiunge le vetrine dei negozi alimentari delle principali città del Madagascar e dei suoi vicini (Mauritius, Seychelles e Riunione). I prezzi? Imbarazzanti: in un Paese dove nove abitanti su dieci vivono con meno di 2 dollari al giorno, cento grammi di caviale malgascio si vendono a 100 euro (peraltro tre volte meno che in Francia). Gli affari vanno a gonfie vele. «Il Rova Caviar va letteralmente a ruba – fanno sapere i responsabili dello stabilimento –. La produzione dello scorso anno è già terminata da qualche settimana». Questo caviale arricchisce anche i menù di Lalaina Ravelomanana, un fuoriclasse della cucina del Madagascar, acclamato chef del Marais Restaurant di Antanarivo: «Lo servo crudo al naturale nei piatti più pregiati. È sublime accostato a ostriche o salmone, sopra un carré di ghiaccio».
(Tsiresena Manjakahery – foto di Mamyrael / Afp)
Questo articolo è uscito sul numero 5/2020 della rivista. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop