Il numero 3140 del mensile Jeune Afrique (Ja), datato settembre, non è stato autorizzato in Tunisia. Secondo la rivista francese, il motivo di questa sanzione è legato al fatto che la copertina del numero è dedicata a un approfondimento sul presidente Kais Saied, dal titolo “L’hyper-président”.
La redazione sostiene che si tratta di una valutazione obiettiva, documentata e precisa del suo mandato, ma anche del suo modo di governare, di colui che cercherà la propria successione il 6 ottobre, “nel corso delle elezioni presidenziali decise in anticipo, perché non c’è nessun vero concorrente sulla linea di partenza”, scrive io giornale in un articolo online.
Jeune Afrique parla di “triste ritorno agli anni di Ben Ali, che videro Jeune Afrique colpita dalla censura per ogni articolo che scontentava il palazzo di Cartagine. A quasi quattordici anni dalla caduta dell’ex presidente, e mentre Kais Saïed è stato eletto per voltare definitivamente pagina a una rivoluzione caotica, la Tunisia ha fatto pochi progressi sulla via della libertà. Media e contropoteri imbavagliati, oppositori incarcerati, istituzioni poste sotto controllo, vita politica vetrificata… I frutti del 14 gennaio 2011 ovviamente non sono stati all’altezza della promessa della rivoluzione dei Gelsomini”.
Ja scrive che le responsabilità di questo fallimento sono ampiamente condivise, in particolare dai protagonisti politici di questo periodo. “Da Mohammed Ghannouchi a Beji Caid Essebsi, passando per Moncef Marzouki, Youcef Chahed e tanti altri, non hanno saputo – o non sono stati in grado – di essere all’altezza della posta in gioco richiesta da una simile sfida: reinventare la Tunisia”.
“La politica vile ha preso il sopravvento sull’interesse generale, ed è proprio per porre fine a ciò che Kaïs Saïed è stato eletto nel 2019. La sua probità, la sua assenza di legami partigiani, il suo desiderio di rimettere tutto in carreggiata e di pulire l’area augustea le scuderie avevano conquistato i suoi concittadini. La sua elezione fu un plebiscito e la speranza che suscitò fu immensa. Come le aspettative”, si legge ancora.
Kais Saied “aveva carta bianca. Anche il suo stile autoritario e la scarsa propensione al dialogo, in un Paese che ne ha visti altri, è stato accettato, quantomeno tollerato. Ci sono però dei limiti che non devono essere superati, e la censura stupida e meschina è uno tra tanti altri. Speriamo che le autorità tunisine tornino ad avere migliori intenzioni e comprendano che le critiche e il dibattito non devono essere soffocati, anzi”, scrive Marwane Ben Yahmed di Ja.