Uno dei padri fondatori del cinema del continente africano, il maliano Souleymane Cissé, è morto ieri all’età di 84 anni a Bamako, la capitale del Mali.
Considerato un pioniere della settima arte nel continente, Cissé si è imposto sulla scena internazionale con Yeelen (1987), che gli è valso il Premio della giuria al Festival di Cannes. Il suo lavoro, caratterizzato da un approccio unico alle storie africane e da un’estetica magistrale, ha influenzato diverse generazioni di registi.
Nato il 21 aprile 1940 a Bamako, Cissé ha dedicato oltre cinque decenni alla narrazione cinematografica, contribuendo in modo significativo alla rappresentazione delle storie africane sul grande schermo.
Il presidente uscente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ha salutato Yeelen come “un grande visionario del nostro patrimonio culturale cinematografico”, ricordando che ha contribuito a rimodellare il cinema mondiale.
Cissé ha iniziato la sua carriera come proiezionista, ispirato dalla visione di un documentario sull’arresto di Patrice Lumumba, leader congolese. Questa esperienza lo ha spinto a perseguire una formazione cinematografica presso il Gerasimov Institute of Cinematography di Mosca. Al suo ritorno in Mali nel 1970, ha lavorato come cameraman per il ministero dell’Informazione, producendo documentari e cortometraggi che riflettevano le realtà sociali e culturali del suo Paese.
Nel 1975, Cissé ha realizzato “Den muso” (“La ragazza”), il primo lungometraggio maliano in lingua bambara. Il film affrontava temi delicati come lo stupro e la stigmatizzazione sociale, ma fu censurato dal governo maliano, portando all’arresto del regista. Nonostante queste difficoltà, Cissé ha continuato a creare opere di grande impatto sociale e politico.
Tra le sue opere più celebri si annovera “Baara” (“Il lavoro”) del 1978, che esplora le dinamiche di classe e le ingiustizie sociali attraverso la storia di un operaio e di un ingegnere. Questo film gli valse il prestigioso Étalon d’or de Yennenga al Fespaco (Festival panafricano del cinema e della televisione di Ouagadougou) nel 1979. Successivamente, nel 1982, ha diretto “Finye” (“Il vento”), una critica al regime militare e alle tradizioni oppressive, che gli fece ottenere un secondo Étalon d’or de Yennenga nel 1983.
Il capolavoro di Cissé, “Yeelen” (“La luce”), è stato presentato al Festival di Cannes nel 1987, dove ha vinto il Premio della Giuria, rendendolo il primo regista africano nero a ricevere un riconoscimento in questa prestigiosa manifestazione. Il film, ambientato nell’Africa precoloniale, narra il viaggio iniziatico di un giovane in cerca di conoscenza e potere spirituale. La pellicola è spesso celebrata come una delle più grandi opere del cinema africano.
Nel 1995, Cissé ha presentato “Waati” (“Il tempo”) in concorso per la Palma d’Oro a Cannes, consolidando ulteriormente la sua reputazione internazionale. Oltre al suo lavoro cinematografico, è stato presidente dell’Unione dei Creatori e Imprenditori del Cinema e dell’Audiovisivo dell’Africa Occidentale, contribuendo attivamente allo sviluppo dell’industria cinematografica nella regione.
Nel 2023, in riconoscimento del suo contributo pionieristico al cinema, Cissé ha ricevuto il premio “Carrosse d’or” al Festival di Cannes. La sua dedizione alla narrazione autentica e il suo impegno nel rappresentare le realtà africane hanno lasciato un’impronta indelebile nel panorama cinematografico mondiale.
La sua scomparsa rappresenta una perdita significativa per il cinema africano e mondiale. La sua famiglia, attraverso la figlia Mariam Cissé, ha espresso shock e dolore per la perdita.