In Sudan, la guerra tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) è entrata domenica nel suo 18° mese. I civili sudanesi continuano a pagare il prezzo più alto per questa guerra di generali. Diversi villaggi nella parte orientale e settentrionale dello Stato di al-Jazirah, nel Sudan centrale, sono stati attaccati e saccheggiati dalle Forze di supporto rapido.
La settimana scorsa, secondo quanto riporta Rfi, i combattimenti si sono intensificati a Khartoum, ad al-Fashir nel Darfur e nel Kordofan. Secondo un comunicato del comitato di resistenza della regione di Abu Gouta, situata nell’est dello Stato di al-Jazirah, almeno quaranta civili sono stati uccisi domenica scorsa nel villaggio di Gouz al-Naqa, durante l’attacco delle Forze di supporto rapido. Agli abitanti di questo villaggio, costretti a lasciare le loro case, è stato impedito di tornare a seppellire i propri morti. Sempre secondo il comitato di resistenza, lunedì i cadaveri erano nuovamente disseminati per le strade del villaggio.
Secondo la stessa fonte, almeno altri 23 decessi sono stati registrati in altri villaggi, ma non esiste un rapporto completo sulle vittime. Secondo diverse fonti, la settimana scorsa quasi 50 villaggi sono stati attaccati e saccheggiati ad al-Jazirah. Il quotidiano online Sudan Tribune riferisce che le Rsf hanno rapito 17 civili in uno di questi villaggi e chiedono un riscatto per liberarli. Fonti locali stimano a 5.000 il numero dei bovini depredati. Anche il raccolto è stato saccheggiato. Nella capitale Abu Gouta la banca agricola, il centro di polizia e il mercato sono stati saccheggiati e distrutti. Gli abitanti furono totalmente derubati e costretti sotto minaccia a intraprendere la via dell’esodo. Secondo le poche immagini condivise sui social network, le scene di violenza si perpetuano e sono simili, proprio come quelle di donne e bambini persi nel cammino di un esodo che sembra infinito.
La direttrice regionale del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), Laila Baker, al suo ritorno dal Sudan ha dichiarato: “Lavoro all’Onu da 30 anni, principalmente in campo umanitario. E sappiamo che la guerra è orribile, ma questa è una delle situazioni più orribili a cui abbia mai assistito”.