Il Coordinamento Italiano delle Diaspore per la Cooperazione Internazionale è intervenuto ieri a Palazzo Madama, sollevando alcune perplessità sull’attuazione Piano Mattei, di cui si è discusso nell’ambito dell’audizione della Commissione Esteri del Senato.
“Come può il Piano Mattei essere ‘non predatorio’ se, nella sua cabina di regia, l’unico attore assente del sistema di cooperazione italiana (…) è la diaspora africana?”, ha detto Mani Ndongbou Bertrand Honore, presidente del Coordinamento, sottolineando che la diaspora è anche “il più grande investitore privato nel continente africano”. Il riferimento di Mani Ndongbou Bertrand è al documento di sintesi del Piano Mattei, in cui si enfatizza una metodologia “non predatoria” e un approccio globale che punta sulla condivisione dello sviluppo socioeconomico e delle responsabilità per la stabilità e la sicurezza.
“Delusione e rammarico” sono stati espressi da parte del rappresentante delle Diaspore, che ha denunciato come la “mancanza di coinvolgimento” degli africani rischia di farlo percepire a questi ultimi come “l’ennesima iniziativa neocoloniale occidentale”.
Nel suo intervento, Mani Ndongbou Bertrand ha sottolineato l’importanza del settore agroindustriale, in cui l’Italia è leader mondiale, evidenziando che il continente africano, “con 200 milioni di ettari di terre coltivabili, è il futuro granaio del mondo e che il Piano Mattei dovrebbe supportare questa sfida”. Infine, il presidente dell’associazione ha sollevato perplessità sui criteri di scelta, valutazione e monitoraggio dei progetti pilota finanziati dal Piano, sottolineando la mancanza di una visione integrata e sostenibile.
“Progetti come quelli in Algeria, Egitto e Mozambico- si legge nella nota del coordinamento – potrebbero essere meglio collegati a iniziative per migliorare l’accesso all’acqua e all’energia, creando un circolo virtuoso di sviluppo”.