a cura di Birtukan Bienati
La disabilità in Etiopia è considerata una maledizione, qualcosa di vergognoso che deve essere nascosto. Contro questo stigma lavora con dedizione non lontano da Addis Abeba da alcuni anni l’Associazione Angelo in Africa O.D.V., che sostiene bambini e ragazzi con disabilità fisica. E che necessità di aiuto.
Dietro l’incessante lavoro dell’Associazione Angelo in Africa O.D.V, che opera a Emdibir, 180 km a sud di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, c’è Alberto, uno dei fondatori, medico, più precisamente neuropsichiatra infantile, contagiato dall’amore per l’Africa da sua moglie Sandra, che già da anni collaborava con Medici con l’Africa Cuamm. Dopo aver visitato diversi Centri di Salute nella regione del Gurage, è rimasto impressionato dalla totale assenza di aiuti per i bambini con disabilità, i quali trascorrevano le giornate senza possibilità di uscire dalle loro Gojo-bet (casa nella lingua amarica), non essendo possibile trovare medici specializzati, né usufruire di centri di riabilitazione o di ausili per i portatori di handicap fisici.
Da subito si è reso conto che la mancanza di seggiolini e carrozzine rappresentava una delle carenze più rilevanti: un dispositivi di sostegno e per la deambulazione possono fare la differenza, cambiare la prospettiva con cui un bambino con disabilità guarda il mondo che lo circonda, possono essere l’alternativa a stare disteso a terra, a strisciare per spostarsi o, nella migliore delle ipotesi, quando ancora si è piccoli, a essere presi in braccio. È per questo che Alberto ha deciso di affrontare questo aspetto, ponendosi due obiettivi: fornire ausili, ad esempio seggiolini, per i bambini più piccoli e carrozzine per i bambini più grandi e per i ragazzi.
A marzo del 2019 hanno preso corpo le prime idee grazie ad una collaborazione con la scuola professionale di St. Anthony, che ospitava laboratori per la lavorazione del legno e del metallo ed una sartoria. Alberto aveva visitato numerosi bambini e ne aveva individuati circa 6/7 per i quali aveva disegnato, prendendo le misure, i primi ausili che poi la scuola di falegnameria avrebbe realizzato.
La disabilità in Etiopia è considerata una maledizione, ma soprattutto un peso sociale ed economico, perché una persona con disabilità non può portare soldi e cibo a casa. Ma basta poco per fare la differenza per ragazzi come Tesfaye, 18 anni. Era arrivato strisciando nel luogo di ritrovo con gli operatori del progetto ma, grazie a quell’aiuto era uscito dall’”invisibilità”. O per quella coppia di genitori, giovanissimi, appena ventenni, che si stavano accingendo a crescere un piccolo bambino con una patologia fisica di cui non sapevano la causa, né come gestirla.
Un effetto secondario, ma non meno importante, è stata la creazione di un’occasione di lavoro per le persone del Villaggio di Emdibir e di un’entrata per gli studenti della scuola. Con materiali locali e facilmente reperibili è stato possibile attuare un piccolo progetto, ma di grande impatto per la comunità in quanto l’istituzione scolastica si è fatta parte attiva affinché ogni bambino potesse avere accesso a un’istruzione inclusiva.
Il progetto prosegue, in collaborazione con la scuola, grazie agli aiuti degli amici dell’Associazione Angelo in Africa e ad oggi sono stati realizzati e distribuiti più di trenta ausili. Alberto e Sandra sono nuovamente in partenza per l’Etiopia per continuare a fronteggiare la disabilità anche con un altro approccio: è iniziata la collaborazione con Fisioterapisti Senza Frontiere con l’obbiettivo di costituire un’equipe di fisioterapisti, formando personale in loco. Contemporaneamente è stato avviato il progetto per la realizzazione di un centro di riabilitazione di secondo livello nella nuova clinica di San Marco.
Si è accesa una luce si speranza in quell’angolo di mondo che sembra dimenticato da tutto e da tutti.