di Gianni Bauce
Nei documentari naturalistici ci viene mostrato come un abile predatore, dalla corsa e caccia infallibile. Eppure ci sono nell’anatomia e nel comportamento di questo felino alcune fragilità che lo rendono vulnerabile e a rischio estinzione
Nei documentari ci appare un predatore dalla caccia infallibile. In effetti il ghepardo (Acinonyx jubatus) è una creatura meravigliosa, snella ed elegante, modellata per correre: la colonna vertebrale straordinariamente flessibile gli conferisce una falcata eccezionale, agendo come una molla; la testa piccola garantisce un’elevata aerodinamicità; la lunga coda bilancia il corpo nei cambiamenti di direzione a elevata velocità (può sfiorare i cento all’ora), mentre gli artigli garantiscono un’efficace presa sul terreno durante la corsa.
Una macchina perfetta… ma gli studiosi hanno individuato nella sua anatomia e nel suo comportamento dei punti deboli. La sua tecnica di caccia, per esempio, garantisce un’alta possibilità di successo solo in condizioni ideali – tipicamente nelle praterie e boscaglie frequentate da gazzelle e antilopi di piccola e media taglia. In caso contrario, il ghepardo si trova in grande difficoltà (a differenza del leopardo, estremamente versatile e adattabile, che può cacciare animali diversi in ogni ambiente, dalle aree semidesertiche all’Himalaya). Non solo. La struttura fisica del ghepardo non consente ai canini di avere radici profonde, e non possono crescere come negli altri grandi felini. Ciò determina l’impossibilità di uccidere rapidamente, rendendolo vulnerabile al furto della preda da parte di concorrenti come leoni, iene o leopardi.
L’enorme dispendio energetico durante la caccia, inoltre, lo costringe a “riprendere fiato” prima di cibarsi, aumentando le possibilità di essere depredato da un concorrente più forte. Se un ghepardo fallisce la caccia o la preda gli viene sottratta per alcune volte di seguito, il bilancio negativo tra energia spesa e calorie assorbite può metterne a serio rischio la sopravvivenza. E una ferita anche lieve che ne comprometta l’abilità di correre può condannarlo alla morte per inedia.
Il ghepardo, infine, necessita di grandi spazi, e la riduzione dell’habitat a causa dell’uomo minaccia a sua sopravvivenza. Nell’ultimo secolo la popolazione di questo felino si è ridotta del 90% e oggi circa un terzo vive in aree ristrette e confinate dell’Africa australe. L’isolamento forzato e l’impossibilità di migrare verso altri gruppi rendono più debole la popolazione dei ghepardi (che praticano la panmissia: l’accoppiamento anche con consanguinei), favorendo l’impoverimento genetico della specie.
Questo articolo è uscito sul numero 3/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia clicca qui, o visita l’e-shop.