Le elezioni legislative che si terranno in Marocco venerdì 7 ottobre saranno una sfida tra l’islam politico e i partiti laici. Sebbene le formazioni in lizza siano almeno trenta, la lotta principale sarà infatti tra Giustizia e Siviluppo (Pjd), la formazione islamista al governo, e il Partito dell’autenticità e della modernità (Pam) all’opposizione. Secondo i sondaggi anche Istiqlal (indipendenza), il più antico partito marocchino (fondato nel 1944), potrebbe guadagnare voti.
Il Pjd, che ha vinto le elezioni parlamentari nel 2011, durante il turbolento periodo delle Primavere arabe, è stato scosso da numerosi scandali (alcuni anche a sfondo sessuale) e nel 2015 ha perso le elezioni municipali nelle quali il Pam ha fatto registrare un forte balzo in avanti.
Venerdì prossimo, saranno chiamati alle urne 16 milioni di persone iscritte alle liste elettorali (su 34 milioni di marocchini). Il 70% di loro è arabo, il 30 berbero; il 90% musulmano e il 10% ebreo o cristiano. La campagna elettorale è iniziata il 25 settembre e decine di candidati si sono sfidati per conquistare uno dei 395 seggi della Camera bassa dell’assemblea legislativa.
A dispetto dell’esito delle urne, la Costituzione del Regno marocchino non permette a nessun partito politico di vincere la maggioranza assoluta, costringendo così il vincente a lavorare con altri partiti per formare un governo di coalizione. Sebbene il sovrano, Mohammed VI, mantenga ancora notevoli poteri, la nuova Carta costituzionale ha rafforzato la figura del premier (che deve appartenere alla formazione vincente e non deve essere per forza, come in passato, una figura gradita al sovrano) e del Parlamento (che puà sfiduciare i ministri).