Nel suo discorso alla cerimonia di apertura del vertice dell’Organizzazione mondiale della francofonia (Oif), tenutosi a Parigi nel finesettimana, la segretaria generale dell’Oif, la ruandese Louise Mushikiwabo, ha deplorato l’assenza dei tre Paesi del Sahel, Mali, del Niger e Burkina Faso, assicurando che le porte dell’Organizzazione resteranno sempre aperte a questi Paesi, sempre se cambieranno rotta verso un completo ritorno all’ordine costituzionale. È il caso della Guinea, citata da Mushikiwabo, che è stata reintegrata nell’Oif proprio in questo vertice, dopo la revoca della sospensione.
Tuttavia, la qualità dei rapporti tra la Francia e i Paesi che hanno formato la Confederazione degli Stati del Sahel è ben peggiore di quella tra la Francia e la Guinea, che sta adottando una strategia meno di rottura con i partner tradizionali, pur dando pochi elementi di credibilità sui piani effettivi per tornare all’ordine costituzionale.
Sulla “porta aperta” dell’Oif ai Paesi saheliani in rottura, Mushikiwabo era stata chiara già in un’intervista, la scorsa settimana, rilasciata al settimanale francese Jeune Afrique: “L’Oif non è la Francia” aveva detto la segretaria dell’Organizzazione, cercando di mostrarsi più conciliante della politica francese nei confronti di questi ex-partner africani.
Una linea che sembra condivisa anche dagli altri membri dell’Oif, soprattutto quelli più interessati: la ministra ivoriana della Cultura, Francoise Remark, ha dichiarato a Rfi, a margine del vertice parigino, che “la Francofonia difende anche i valori legati al dialogo, all’ascolto, alla mediazione. È stato istituito un meccanismo di monitoraggio” verso i Paesi guidati da giunte militari “per non indebolire soprattutto le popolazioni, anch’esse colpite da queste crisi, questo non deve essere dimenticato” ha detto, citando la Guinea come Paese al quale è stata revocata la sospensione. “La mano è tesa” ha detto la ministra ivoriana, “speriamo che questi paesi approfittino di questa opportunità per rispondere a questa mano tesa”.