Ai funerali di Prince Johnson, l’ex-signore della guerra liberiano riciclatosi politico influente dopo la fine della guerra civile, morto a novembre a 72 anni, ha partecipato una folla oceanica. I funerali sono stati partecipati da migliaia di persone ed erano presenti anche decine di giornalisti, con telecamere e diretta tv.
La cerimonia funebre, funerali di Stato, è durata cinque giorni: il suo corpo è stato inizialmente esposto davanti al Parlamento di Monrovia, che nel frattempo è andato a fuoco dopo alcuni disordini delle scorse settimane, ed è stato poi trasportato a Ganta, nella contea di Nimba, a nord della Liberia, sua città natale. Alle esequie hanno partecipato le più alte cariche dello stato, tra cui il presidente Joseph Boakai e il vicepresidente Jeremiah Koung, che si sono recati fino a Ganta per partecipare. D’altra parte, Boakai ha un debito politico importante con Prince Johnson, che ha sostenuto la sua candidatura e garantito al presidente liberiano la vittoria, con le decine di migliaia di voti del suo bacino elettorale.
A Ganta, migliaia di persone si sono riunite su un terreno di proprietà della Liberia petroleum refinery company, la compagnia nazionale che importa e distribuisce prodotti petroliferi: alcuni indossavano i tradizionali abiti di Nimba, di colore rosso, con i volti dipinti con il gesso bianco, altri brandivano finti eserciti scolpiti nel legno, che secondo loro simboleggiavano la natura guerriera di Prince Johnson e il suo ruolo nella difesa di Nimba durante la guerra civile.
Noto per la sua crudeltà, Prince Johnson non è mai stato processato per le atrocità commesse durante le due guerre civili che hanno dilaniato la Liberia tra il 1989 e il 2003. Johnson è diventato famoso in tutto il mondo grazie a un video che lo mostra in un ufficio (sono gli uffici della dogana del porto di Monrovia) mentre sorseggia birra e impartisce ordini ai suoi uomini, che seviziano e torturano l’allora presidente Samuel Doe, fino a ucciderlo. Quell’episodio, avvenuto nel 1990, è uno degli episodi più noti della prima guerra civile: Johnson non ha mai espresso rammarico per quanto avvenuto e non è nemmeno mai stato giudicato da un tribunale. Dopo la morte di Doe, Johnson si autoproclamò presidente ma in pochi giorni i ribelli, compresi i suoi uomini, passarono dalla parte di Charles Taylor e Johnson fu costretto a fuggire in Nigeria per evitare di essere ucciso, ragione per cui non prese parte, almeno direttamente, alla seconda guerra civile liberiana.
La morte di Doe, oltre a essere stato un episodio scioccante, gettarono il Paese in una spirale di violenza durata oltre un decennio: atrocità e massacri, stupri e torture, bambini soldato e cannibalismo, gli orrori commessi durante quel periodo sono imputabili a tutti gli attori sul campo, nessuno escluso. Le due guerre civili liberiane hanno causato almeno 250.000 morti e messo in ginocchio il Paese, uno dei più poveri del pianeta, che ancora oggi fa fatica a riprendersi anche perché tra il 2014 e il 2016 è stato ulteriormente devastato dall’epidemia di Ebola che ha flagellato l’Africa occidentale.
Padre di 12 figli, divenuto un influente uomo politico dopo aver dismesso i panni di signore della guerra, Johnson è stato il vero e proprio kingmaker almeno delle ultime tre elezioni presidenziali. In esilio in Nigeria tra il 1992 e il 2004, è tornato nel suo Paese facendosi portatore di “un messaggio di pace e riconciliazione” e divenne predicatore evangelico, cosa che gli ha garantito una enorme popolarità. Presentatosi alle elezioni nel 2005, è stato eletto senatore per la Contea di Nimba, dove è nato e dove ha la sua base elettorale: quell’anno fu eletta presidentessa Ellen Johnson Sirleaf, che creò la Commissione per la riconciliazione che, a sua volta, incluse Johnson in una lista di 50 persone che avrebbero dovuto essere escluse da ogni ruolo politico e istituzionale per via delle atrocità commesse nel periodo bellico. Un’esclusione mai avvenuta: la Commissione lo ha identificato come l’individuo che ha più vittime al suo attivo durante le guerre civili liberiane, accusandolo di omicidi, estorsioni, massacri, distruzione di proprietà, reclutamento forzato, rapimenti, torture, lavori forzati e stupri. Nonostante questo, negli anni, Johnson ha sostenuto Joseph Boakai (che è stato eletto alle ultime elezioni) ma prima aveva sostenuto il suo sfidante, l’ex-calciatore George Weah (anche lui fu eletto, nel 2017). Prima ancora, Johnson aveva sostenuto la presidente Ellen Johnson Sirleaf per il suo secondo mandato.