di Andrea Spinelli Barrile
La protesta era stata annunciata a partire dal 1 agosto ma evidentemente l’urgenza ha avuto la meglio: diverse centinaia di manifestanti hanno marciato, il 29 luglio, lungo l’autostrada di Abuja, nello stato del Niger, cantando slogan e portando cartelli con la scritta “basta tasse”, “abbasso le politiche disumane”, “non siamo schiavi”, “riportate indietro i sussidi per il carburante”.
Le proteste #EndBadGovernance erano previste a partire dal 1 agosto, ma i nigeriani sono scesi in piazza già il 29 luglio, proprio mentre il presidente Bola Tinubu promulgava la nuova legge sul salario minimo, più che raddoppiandolo a 70.000 naira mensili (circa 40 euro, meno di un terzo di quanto richiesto dai sindacati, 250.000 naira). Il governo federale e i governi statali continuano a lanciare appelli ai nigeriani a non protestare: dichiarazioni personali, dichiarazioni di organizzazioni e partiti, di enti statali, dichiarazioni ufficiali del capo della polizia, del presidente del Senato, le più alte istituzioni del Paese cercano di placare gli animi, di disinnescare una rabbia sociale che però ha radici profonde e che non riguardano solo l’amministrazione Tinubu, in carica da un anno, ma in generale la gestione del potere e dell’economia in Nigeria.
Se è vero, come è vero, che la crisi economica non si può risolvere in una notte è altrettanto vero che la crisi attuale viene da lontano, da anni di prebende e politica populista, di corruzione e mala gestione della cosa pubblica che hanno esasperato il Paese più popoloso dell’Africa. I governatori, e la politica in generale, sta dimostrando ad ogni dichiarazione una distanza sempre più siderale tra l’amministrazione pubblica e i cittadini, i cui problemi sono spesso ignoti ai loro rappresentanti: a dirlo sono stati proprio i governatori dei vari stati della Nigeria, che una settimana fa circa hanno esplicitamente detto in una nota stampa di “non comprendere” le ragioni della protesta. Il capo della polizia nigeriana, Kayode Egbetokun, ha messo in guardia la politica e il governo contro una possibile scia di proteste “in stile keniota” da parte dei cittadini nigeriani, afflitti dal costo della vita e dall’inflazione che sta erodendo la loro capacità di spesa.
Ad esempio, da lunedì le scene delle lunghissime e interminabili code di auto ai distributori di benzina sono nuovamente una realtà: la Nnpc ha fatto sapere di avere problemi di approvvigionamento di carburante, problemi emersi in tutta la loro criticità in particolare a Lagos e Abuja, che insieme fanno circa 25 milioni di abitanti. Un problema che non riguarda solo la mobilità ma anche l’energia elettrica per le attività, le case, le aziende, le strade, i negozi: la Nigeria infatti non produce abbastanza energia elettrica per il proprio fabbisogno interno e i cittadini sono costretti, per evitare di restare senza corrente, a utilizzare generatori diesel per il proprio consumo.
Ma il quadro è ben più fosco: l’inflazione alimentare in Nigeria a giugno 2024 è stata la più alta mai registrata nella storia del Paese (a luglio dovrebbe salire al 40,89%, dal 34,19% di giugno, il record precedente) e il tasso di crescita dei prezzi di beni e servizi nel Paese africano continua a crescere e a preoccupare governo e Parlamento: il governo starebbe lavorando per una sospensione di tasse e dazi su alcuni prodotti alimentari, opzione che già faceva parte delle misure volte a mitigare le ricadute delle riforme in corso. Molti nigeriani si trovano oggi costretti a saltare i pasti e rinunciare a beni come carne, uova e latte, mentre nel nord della Federazione la crisi economica costringe le persone a mangiare riso di scarsa qualità, utilizzato solitamente in itticoltura.
Tra gli interventi che potrebbero essere attuati c’è il rilascio di 42.000 tonnellate di prodotti alimentari assortiti dalla Riserva alimentare strategica nazionale, l’acquisto di 58.500 tonnellate di riso lavorato dall’Associazione dei trasformatori di riso della Nigeria e ulteriori 30.000 tonnellate di riso. Ma tutto questo potrebbe non bastare: la diffusa insicurezza sta costringendo migliaia di agricoltori a spostarsi, contribuendo all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Lo scorso autunno-inverno la naira ha subito un deprezzamento notevole rispetto al dollaro, toccando il minimo storico a dicembre (1.248 naira per acquistare un dollaro) e risalendo ma mai abbastanza da garantire respiro ai commercianti internazionali.
Nei giorni scorsi migliaia di cittadini frustrati hanno iniziato a riferire sulle piattaforme online la loro rabbia e le loro difficoltà e, sui social (in particolare su X, a differenza del Kenya dove le manifestazioni si organizzano su TikTok), sembra che la società civile si stia organizzando per indire manifestazioni contro il malgoverno e la crisi del costo della vita. Su X, ma anche su Instagram, diversi utenti nigeriani stanno utilizzando le piattaforme per organizzare proteste, definite sempre “pacifiche”, a partire dal 1 agosto: i giovani nigeriani sembrano prendere ispirazione dalle proteste dei loro coetanei in Kenya e chiedono al governo di impegnarsi per l’istruzione gratuita, porre fine all’insicurezza alimentare e dichiarare lo stato di emergenza a causa dell’elevato tasso di inflazione. Oltre al costo della vita, ai salari insufficienti, all’inflazione alimentare galoppante, i sindacati protestano anche contro l’aumento dei prezzi dell’elettricità, cresciuti dopo una delle riforme economiche varate dal presidente Bola Ahmed Tinubu. Da quando è salito al potere un anno fa, Tinubu ha posto fine ai sussidi per il carburante e ai controlli sui cambi, cosa che ha fatto triplicare in una notte il prezzo della benzina, e in generale si assiste ad un aumento del costo della vita, essendo la naira in caduta libera rispetto al dollaro sul mercato dei cambi. Tinubu ha chiesto pazienza ai nigeriani, affinché le riforme abbiano effetto, e si dice certo che le riforme attireranno più investimenti esteri.
In vista delle manifestazioni del 1 agosto, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada hanno diramato avvisi e comunicazioni di sicurezza per i loro cittadini in Nigeria.
L’ultima grande protesta in Nigeria è stata una manifestazione contro la brutalità politica nell’ottobre 2020 e si concluse con uno spargimento di sangue, di cui i manifestanti hanno attribuito la colpa a soldati e polizia, che hanno negato di aver utilizzato proiettili veri.