di Stefano Pancera
C’è anche un’altra guerra tra Kagame e Tshisekedi ed è la battaglia in corso per controllare la narrazione, tra propaganda e disinformazione. Il presidente del Ruanda, Paul Kagame e il suo omologo congolese Tshisekedi si sfidano con eserciti digitali e influencer.
“Riconoscerò i leader quando li vedrò ma credetemi quando li vedo riconosco anche gli idioti, immaginatevi il disastro quando mi capita di incontrare la combinazione di entrambi.” queste parole del presidente del Ruanda Paul Kagame hanno fatto il giro dei social.
E solo “un funzionario eletto del terrore“ gli fa eco Patrick Muyaya, il ministro delle comunicazioni della Repubblica popolare del Congo. Volano stracci e non da oggi. C’è anche un’altra guerra tra Kagame, Tshisekedi ed è appunto la battaglia in corso per controllare la narrazione.
Il Ruanda da anni è accusato di utilizzare un esercito digitale sui social network, mentre la Repubblica Democratica del Congo si affiderebbe a influencer per diffondere le proprie narrazioni.
La RDC sosterrebbe Charles Onana, politologo, giornalista d’inchiesta, franco-camerunese mentre il Ruanda e l’M23 godrebbero del sostegno di Bojana Coulibaly ricercatrice specializzata in pace e sicurezza nella regione dei Grandi Laghi dell’Africa. Coulibaly per Al Jazeera i primi di gennaio ha intervistato il capo politico dell’M23, Bertrand Bisimwa, intervista che ha portato Kinshasa a sospendere Al Jazeera per 90 giorni in tutta la Repubblica Democratica del Congo.
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Non è la prima volta che Goma cade nelle mani dell’M23, ma l’ultima volta nel 2012 i social media non avevano ancora il peso che hanno oggi di conseguenza, il conflitto si è riversato nell’arena dei media.
Ci sarebbero molti troll provocatori in rete ma anche ampi resoconti che diffondono la propaganda filo ruandese dell’M23: “quando i combattenti M23 si impadroniscono di un posto, ad esempio, si affrettano a filmare un cartello stradale che mostra il nome del luogo e poi pubblicano il filmato. Ma poi si scopre che magari occupato solo una piccola parte del villaggio” racconta il sito di informazione congolese “Actualite.cd”.
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“Rwanda Updates Official” con oltre un milione di follower ha pubblicato contenuti in cui si afferma che il Ruanda è ingiustamente accusato per la crisi nell’est della RDC, attribuendo la responsabilità a fallimenti interni di governance e minacce ai leader ruandesi.
D’altra parte invece “Friends of the Congo” o “Force des Patriotes” condividono informazioni e aggiornamenti sulla situazione nella RDC, spesso evidenziando le sofferenze della popolazione congolese e promuovendo iniziative di solidarietà.
E in Italia qual è la narrazione del conflitto?
Due piccoli esempi. In un servizio del Tg5 di qualche settima fa mentre la giornalista tentava di descrivere in un minuto e 37 secondi la storia di una guerra interna che dura da trent’anni ha pensato che – in quel suo minuto e mezzo – fosse necessario e illuminante per capire il conflitto parlare del corridoio di Lobito. Che poi si trovi a più di 1000 km più a sud di Goma nelle regioni meridionali della RDC poco importa.
E’ vero che Paul Kagame alla domanda del collega della Cnn che gli ha chiesto se ci fossero truppe dell’esercito Ruandese a Goma ha risposto un imbarazzante e poco credibile “non lo so”, ma questo non giustifica una autorevole giornalista rai che in uno streaming on line ha parlato di “soldati del gruppo ribelle ruandese M23”.
Per la cronaca il gruppo M23 è nato come organizzazione paramilitare della Repubblica Democratica del Congo. Insomma come se già non bastasse la complessità del conflitto sembra ci sia in giro un po’ di confusione. Ed ispirandosi ad Humphrey Bogart ne “L’ultima minaccia” verrebbe da dire «Sono i social bellezza, i social, e tu non ci puoi far niente, niente!»