di Giulia Filpi
In Sudan è in corso una crisi che rischia di scomparire dai radar internazionali. Lyes Kesri, direttore per il Sudan dell’organizzazione non governativa Cisp lancia l’allarme: “È una corsa verso il caos, come in Libia”. Mentre le Rsf proclamano un governo parallelo e complicano il quadro politico con il sostegno esterno, la conferenza di Londra si svolge senza rappresentanti sudanesi ufficiali.
In Sudan, “la situazione sta prendendo una brutta piega, come è accaduto in Libia” e l’atmosfera è di “una corsa verso il caos”. A parlare, in dichiarazioni rilasciate a Infomundi, è Lyes Kesri, direttore Paese per il Sudan dell’organizzazione non governativa Cisp. Kesri interviene all’indomani della conferenza di Londra, organizzata martedì da Regno Unito, Unione Europea, Germania, Francia e Unione Africana per cercare di porre fine al conflitto che devasta il Paese da due anni, e in seguito alla proclamazione, confermata ieri, di un governo parallelo da parte dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf), che si contendono il potere con l’esercito regolare.
“Il problema è che le due parti non sono organismi internazionali riconosciuti: ci sono conferenze internazionali a Parigi e ora a Londra sul Sudan, ma senza funzionari sudanesi” sottolinea Kesri, evidenziando la “frustrazione” dei sudanesi: “non hanno capito come funzionerà, due governi paralleli, le Rsf che hanno proposto 11 ministri di tutto il Sudan e vogliono fare un governo civile che includa tutti le frange sudanesi… nuova moneta, nuove carte d’identità… e il coinvolgimento di Paesi terzi come gli Emirati Arabi Uniti sta complicando la situazione. Le Rsf sono ricche e hanno mezzi importanti, come le miniere d’oro di proprietà della famiglia di Hemedti (Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo è il capo delle Rsf, ndr)”.
La conferenza di Londra ha riunito infatti i ministri di 14 Paesi, tra cui Arabia Saudita e Stati Uniti, ma il governo sudanese riconosciuto dalle Nazioni Unite, quello del generale Abdelfattah al-Burhan, non è stato invitato. La decisione ha suscitato proteste da parte dell’esecutivo di Khartoum, che ha accusato gli organizzatori della conferenza di equiparare lo Stato sudanese e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf).

Se sul piano politico, la situazione “prende una brutta piega”, sul fronte umanitario rimane “molto critica” sottolinea Kesri. La guerra ha causato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, secondo le Nazioni Unite, con stime ufficiali che parlano di oltre 20.000 morti e 15 milioni di sfollati, mentre alcuni centri di ricerca statunitensi indicano un bilancio delle vittime di molto superiore, vicino a 130.000.
La conferenza di Londra ha annunciato corposi aiuti al Paese, con l’Inghilterra che ha promesso 120 milioni di sterline (139,5 milioni di euro) per aiuti alimentari e sostegno alle vittime di violenza sessuale e la Germania che si è impegnata per 125 milioni di euro, ma per il momento, come evidenzia anche Kesri, pesano soprattutto i tagli all’agenzia degli Stati Uniti per la cooperazione internazionale (Usaid), che contribuiva con 100 milioni di dollari.
“Quasi 30 milioni di persone hanno bisogno di aiuti. L’accesso umanitario è molto limitato, con attacchi ai civili, blocchi e saccheggi dei convogli. Zone come Zamzam sono prive di aiuti: è una crisi che rimane sotto silenzio – conclude il cooperante, che parla da Port Sudan – qui la situazione è abbastanza calma, abbiamo avuto qualche problema a causa dei ripetuti attacchi alla centrale elettrica, quindi per il momento siamo con i generatori, ma in generale c’è tensione, soprattutto in Kordofan, Nord Darfur (al Fasher, Zam Zam e campi di Abu Shouk). Khartoum è accessibile e a Omdurman, Bahri, Karari, Sharg An Neel e Um Bada la popolazione sta iniziando a tornare, ma le condizioni sono ancora piuttosto difficili, con ospedali, università, stazioni idriche, mercati che non sono ancora operativi. C’è voglia di muoversi rapidamente per riportare Khartoum alla vita. Le banche stanno iniziando a organizzarsi e alcune hanno già aperto, come la Bank of Khartoum a Umdurman”.