Non c’è pace in Sudan. Le parti in guerra, in particolare le Forze di supporto rapido (Rsf), si sono macchiati di stupri, anche di gruppo, e hanno costretto ragazze e donne a sposarsi con i propri miliziani a Khartoum, la capitale del Paese, dall’inizio dell’attuale conflitto. Lo sostiene un report di Human Rights Watch (Hrw) che fa luce sulla drammatica situazione che coinvolge le donne, dal titolo “Khartoum non è sicura per le donne: violenza sessuale contro donne e ragazze nella capitale del Sudan”.
Il rapporto si basa sulle testimonianze di 42 tra operatori sanitari, assistenti sociali, consulenti, avvocati e soccorritori locali che hanno lavorato con le vittime di violenza sessuale tra settembre 2023 e febbraio 2024. Sono state documentate almeno 262 sopravvissute alla violenza sessuale, di età compresa tra i nove e i 60 anni. Le sopravvissute hanno riportato gravi conseguenze fisiche ed emotive, tra cui lesioni fisiche, stress post-traumatico, depressione e pensieri suicidi. Almeno quattro di loro sono morte a causa dei traumi subuti.
Tutte le testimonianze raccolte rivelano dipingono la capitale Khartoum come un luogo estremamente pericolosa per le donne, che vivono nel timore costante delle incursioni e degli attacchi delle Rsf. “Ho dormito con un coltello sotto il cuscino per mesi, per paura delle incursioni che portano allo stupro da parte delle Rsf”, ha raccontato a Hrw h una donna di 20 anni che vive in un’area controllata dalle Rsf all’inizio del 2024. “Da quando è iniziata questa guerra, non è più sicuro essere una donna che vive a Khartoum sotto l’Rsf” ha detto. In diverse occasioni, le volontarie di emergenza sono state a loro volta violentate dai combattenti delle Rsf mentre cercavano di aiutare le sopravvissute alla violenza sessuale, afferma il rapporto.
Le violenze sessuali sono state commesse anche dai membri delle Forze armate sudanesi, secondo il rapporto. Entrambe le parti in conflitto hanno poi impedito alle vittime di ricevere l’assistenza necessaria e di abortire in alcuni casi. Una ricostruzione negata da Babikir Elamin, portavoce del ministero degli esteri sudanese, che ha contestato i risultati del rapporto. “Per quanto riguarda le forze armate sudanesi, questo rapporto contiene accuse infondate” che non sono mai state presentate all’esercito “per rispondere”.