Almeno 800.000 persone sono ancora bloccate a El Fasher nel Darfur, senza cibo, acqua o assistenza medica sufficienti. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in un rapporto in cui mette in guardia sulla mancanza di rifornimenti e fonti necessarie per assistere la popolazione. Il rappresentante dell’Oms in Sudan, Shible Sahbani, ha affermato che l’accesso a El Fasher è diventato “impossibile” a causa dei pesanti combattimenti.
La guerra in Sudan, scoppiata il 15 aprile 2023, è una tragedia di proporzioni catastrofiche ignorata dai grandi media. Gli scontri tra l’esercito e le Forze di supporto rapido (Rsf), che rivendicavano interessi economici e autonomia, hanno causato almeno 15.000 morti e 8 milioni di sfollati, di cui 1,7 milioni all’estero. Un accordo per la fine dei combattimenti è ancora lontano. Intanto l’economia è allo stremo, metà dei 45 milioni di abitanti ha bisogno di aiuti umanitari per non morire di fame e a peggiorare la situazione sono in aumento i casi di colera.
Protagonisti della crisi sudanese sono due generali che si contendono il potere e il controllo del territorio: Abdel Fattah al-Burhan, leader delle forze armate e della giunta al potere – sostenuto da Egitto e Arabia Saudita – e Mohamed Hamdan Dagalo (Hemetti), a capo di una milizia paramilitare nota con il nome di Rapid Support Forces (Rsf). Insieme, nel 2021, avevano interrotto con un golpe la transizione democratica del Paese dopo la cacciata di Omar al-Bashir nel 2019. Entrambe si sono macchiati di crimini di guerra in questi quindici mesi e, secondo le Nazioni Unite, le Rsf hanno compiuto massacri a sfondo etnico in Darfur ai danni di tribù non arabe.
Gli interessi internazionali in campo
L’appoggio egiziano e sauida ad al-Burhan (sostenuto anche dall’Occidente) è bilanciato dal sostegno alle Rsf degli Emirati Arabi Uniti, con i quali Hemetti e i suoi sono da tempo in affari, soprattutto nel settore aurifero. Da Abu Dhabi, secondo concordanti fonti internazionali, sono arrivate sottotraccia armi e munizioni per difendere le miniere e gli interessi dei paramilitari, scatenando una crisi diplomatica tra le due nazioni.
L’esercito sta invece ottenendo una inattesa mano da Teheran, con cui ha da poco riallacciato i rapporti: nei cieli di Khartoum si sono visti di recente droni da guerra di fabbricazione iraniana guidare l’avanzata delle truppe di al-Burhan nella capitale. Come è emerso negli ultimi mesi da diversi resoconti giornalistici, in Sudan si combatte anche una poco raccontata guerra per procura tra Russia e Ucraina. Mosca è presente sul campo dall’inizio del conflitto con i mercenari dell’ex gruppo Wagner, che spalleggiano i paramilitari, ma contro di loro sono state documentate varie incursioni di gruppi scelti dell’esercito ucraino.
Mentre proseguono i colloqui tra le parti in guerra a Ginevra, il rappresentante dell’Onu Sahbani ha riferito ai giornalisti che molte regioni sudanesi hanno un disperato bisogno di assistenza. “Gli Stati di Darfur, Kordofan, Khartoum e al-Jazira sono tutti tagliati fuori dall’assistenza umanitaria e sanitaria a causa degli incessanti combattimenti – ha affermato Sahbani -. La situazione nel Darfur è particolarmente allarmante, dove in luoghi come El Fasher i feriti non riescono a ricevere le cure urgenti di cui hanno bisogno; i bambini e le donne incinte e che allattano sono deboli a causa della fame acuta”. Lo stesso ha aggiunto che gli aiuti medici e le squadre umanitarie hanno chiesto un accesso immediato alle aree maggiormente colpite, che possono quasi essere considerate assediate dalle fazioni in guerra.
Il funzionario dell’Oms ha sottolineato che l’accesso è “necessario immediatamente per evitare la disastrosa situazione sanitaria” e garantire la protezione dei civili, delle squadre di soccorso e delle infrastrutture pubbliche, compresi gli ospedali, in linea con il diritto internazionale umanitario. Alcuni ospedali di El Fasher sono stati riforniti dalle scorte mediche esistenti, ma il funzionario dell’Oms ha insistito sul fatto che “non è sufficiente e non è sostenibile” e che l’ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite, Ocha, sta ancora negoziando con le varie parti in conflitto per consentire la consegna di aiuti umanitari.
Sahbani ha descritto la situazione in Sudan come “una delle peggiori al mondo” e ha lanciato un avvertimento, affermando che è ancora disponibile solo il 26% dei finanziamenti per la risposta umanitaria. Sotto la direzione dell’inviato personale del Segretario generale delle Nazioni Unite per il Sudan, Ramtane Lamamra, la scorsa settimana a Ginevra sono iniziati i colloqui tra i rappresentanti delle Forze armate sudanesi e le Forze paramilitari di supporto rapido.
Nel frattempo la crisi umanitaria si acuisce giorno dopo giorno e si materializza lo spettro della carestia. La popolazione di Sennar, una città nel Sudan sud-orientale, è rimasta senza cibo a causa di un assedio da parte delle Rapid Support Forces (Rsf). Il controllo delle Rsf sulle principali vie di rifornimento ha tagliato l’accesso della città a cibo e carburante, lasciando i residenti senza beni di prima necessità. A denunciarlo, sono i comitati di resistenza di Sennar che riferiscono che farina e riso sono completamente scomparsi dai mercati e che i mulini per cereali sono stati chiusi per mancanza di elettricità. La situazione è stata esacerbata dal saccheggio dei mercati e dei raccolti nei villaggi circostanti da parte delle Rsf.
Il Coordinamento della Carta Rivoluzionaria per l’istituzione dell’autorità popolare nello Stato di Sennar avverte che i quattro milioni di residenti della città hanno bisogno di soluzioni urgenti. Le organizzazioni umanitarie hanno intensificato i loro allarmi sulla crescente crisi della fame in Sudan, dove 25,6 milioni di persone soffrono già la fame grave.
Nella foto di apertura del servizio, di Sven Torfinn / Panos, una donna nel cimitero di Al Sahafa, il più vasto di Khartoum con oltre 250.000 tombe. Non c’è più spazio per le vittime della guerra che contrappone soldati dell’esercito e paramilitari