Mons. Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako, è stato nominato cardinale nel conclave che si è tenuto ieri in Vaticano. Il primo cardinale della storia del Mali. La sua nomina è stata preceduta e accompagnata da forti polemiche. Il porporato è stato infatti coinvolto nello scandalo «Swissleaks». Secondo un’inchiesta pubblicata a fine maggio dal quotidiano francese «Le Monde», alcuni documenti risalenti al 2002 dimostrerebbero che mons. Zerbo e altri due esponenti del clero maliano si sarebbero indebitamente appropriati di fondi e li avrebbero trasferiti in Svizzera. L’articolo cita date, nomi e numeri di sette conti intestati alla Conferenza Episcopale maliana (Cem), per un ammontare totale di 12 milioni di euro. I gornalisti francesi accusano Zerbo (all’epoca responsabile economico della Cem) e due vescovi, di un presunto accordo con esponenti finanziari svizzeri cui ha fatto seguito per decenni una gestione poco trasparente.
La Chiesa del Mali ha accusato i giornalisti di aver scritto «un articolo tendenzioso» e, in un comunicato, ha lasciato intendere che l’inchiesta giornalistica fosse un tentativo per ostacolare la nomina cardinalizia. «Questo atto – si legge nel comunicato stampa rilasciato dalla Cem – compiuto nel momento in cui la nostra Chiesa viene onorata dalla nomina del suo primo cardinale, mira a sporcare la sua immagine e a destabilizzarla. Dio che vede e che sa tutto, saprà un giorno ristabilire la verità».
Mons. Zerbo è una personalità di primo piano del Mali. Ha più volte mediato nel difficile processo di riconciliazione e ha assunto ruoli attivi nei negoziati di pace. Nel suo entourage, riporta il sito Vatican Insider, qualcuno confida che Zerbo è rimasto così male per le voci sui soldi in Svizzera da ammalarsi, tanto da essere stato portato a Parigi per essere curato e venire a Roma solo all’ultimo, ma ancora convalescente.
Per chi, come noi, si occupa di Africa da anni, la nomina di un cardinale africano è un motivo di grande gioia. È il riconoscimento della crescente importanza del continente non solo in campo economico e politico, ma anche ecclesiale. Lo scandalo che ha preceduto il conclave però lascia una macchia sulla figura di mons. Zerbo. Fermo restando che chiunque è innocente fino a prova contraria, non era forse meglio soprassedere alla nomina fino a che tutto fosse chiarito e ogni dubbio fosse fugato? Ne avrebbe tratto giovamento lo stesso mons. Zerbo. Ma anche la Chiesa cattolica che, proprio in questi anni, grazie all’opera di Papa Francesco, si sta dando un’immagine di istituzione trasparente. E, alla fine, anche l’Africa ne sarebbe uscita meglio. Rendere chiaro che un leader africano opera non solo in modo efficiente, ma anche senza segreti se senza fini di arricchimento personale, avrebbe dato agli stessi africani un modello da imitare. Lasciare aperti i dubbi non fa che rendere più opaca l’immagine dell’Africa e della Chiesa.