di Francesca Spinola
È stato salutato con tutti gli onori Kofi Annan, un uomo che aveva un nome semplice ma era chiamato in modi diversi fra cui «busumuru», colui che ha l’onore di appartenere a una famiglia reale, quella degli Ashanti di Kumasi.
«Affascinante, cosmopolita, modesto, poliglotta, pacifista, quintessenza della diplomazia, grande ghanese», lo ha definito il presidente del paese Nana Akufo-Addo. «My leader» lo chiamava Nelson Mandela. «Someone special and one of us», lo ha ricordato chi ricopre oggi l’incarico che è stato suo per due mandati, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. «My daddy, my hero», lo ha definito il figlio Kojo. «An extraordinary human being», lo ha descritto la moglie Nane con il volto e lo sguardo pieni di commozione. Un «peacemaker» di cui a turno si sono ricordati i risultati più importanti ottenuti in vita: il doppio mandato alle Nazioni Unite, il Nobel per la pace, l’impegno per i diritti umani e nella lotta all’Aids solo per citarne alcuni.
«Sua eccellenza», come lo chiamavano tutti gli altri, è stato salutato con un funerale globale, non tanto per lo sfarzo o per il numero di partecipanti, quanto per il sentimento che ha accomunato chi vi ha preso parte.
Una cerimonia nel suo stile: umile e immensa allo stesso tempo, capace di unire tutti con il filo rosso della commozione. Una mattinata composta, dove i partecipanti, dalla gente comune ai giornalisti, dai capi di stato e di governo ai diplomatici, dai militari ai funzionari di organismi internazionali, ai leader tradizionali o religiosi, si sono trovati d’accordo nel voler solo mostrare il dovuto rispetto a un uomo il cui contributo all’umanità e alla causa della pace nel mondo non può essere negato da nessuno.
Due ore e mezza di celebrazione religiosa, poi il breve tragitto verso il cimitero militare di Accra per una cerimonia privata, infine l’interramento al culmine di una tre giorni in cui la bara del diplomatico è stata lasciata visibile al pubblico nella camera ardente dell’Accra International Centre. Il 18 agosto se ne è andato il ghanese più importante del mondo e il 13 settembre gli è stato dato l’ultimo saluto. Il giorno dopo si respira in Ghana un senso di smarrimento ma anche una grande voglia di non lasciare cadere nel vuoto l’eredità di questo suo figlio che ha fatto la storia.