Si registrano in Africa i cali più significativi nella classifica 2023 della libertà di stampa nel mondo, stilata da Reporter senza frontiere (Rsf). Modello regionale fino a poco tempo fa, il Senegal (104esimo) ha perso 31 posizioni, in particolare a causa del processo dei giornalisti Pape Alé Niang e Pape Ndiaye e del forte deterioramento delle condizioni di sicurezza dei giornalisti. Nel Maghreb, la Tunisia (121esima) del presidente Kais Saied, sempre più autoritaria e intollerante alle critiche della stampa, scivola di 27 posizioni, per finire al 121° posto.
La Namibia è invece il primo classificato, tra i Paesi africani, nell’Indice della libertà di stampa 2023 reso noto da Reporter senza frontiere (Rsf). “La libertà di stampa è ben radicata in Namibia, Paese storicamente tra i primi posti nell’Indice. Il contesto politico e legislativo favorisce il libero esercizio del giornalismo”, scrive l’organizzazione. Quest’anno, la Namibia giunge al 22° posto su 180 Paesi.
Non si registrano attualmente giornalisti detenuti in Namibia. Il panorama dei media è variegato in Namibia. La popolazione viene informata principalmente attraverso la radio e la televisione nazionale, la Namibian Broadcasting Corporation (Nbc) e il primo canale privato del Paese, One Africa Tv. Il quotidiano indipendente The Namibian è il quotidiano più letto, davanti alle testate private del gruppo Namibia Media Holdings e al quotidiano statale New Era. Le licenze vengono concesse a media considerati meno imparziali, come Desert Radio, di proprietà di The Namibian, che rimane il giornale più critico nei confronti del governo. I giornalisti sono liberi di lavorare senza interferenze da parte delle autorità. A seguire, tra i Paesi africani meglio classificati, è il vicino Sudafrica.
L’Eritrea occupa ancora l’ultimo posto tra i Paesi africani nel World Press Freedom Index 2023. Quest’anno Asmara occupa il 174 posto (su 180) seguita da Siria, Turkmenistan, Iran, Vietnam, Cina e Corea del Nord. “Tutti i media indipendenti sono stati banditi dalla transizione verso una dittatura nel settembre 2001 – scrive nel rapporto Rsf – . Non sono ammessi media né stranieri né eritrei. Gli unici “media” sono quelli controllati direttamente dal ministero dell’Informazione – un’agenzia di stampa, alcune testate ed Eri Tv”.
Tutti i periodici e le emittenti “sono soggetti a una stretta supervisione” e devono “trasmettere la propaganda del regime”. “L’accesso online a notizie e informazioni è molto limitato – secondo Rsf -. L’unico raggio di speranza per chi vuole sapere cosa sta succedendo in Eritrea è Radio Erena, emittente radiofonica indipendente e apolitica gestita da giornalisti in esilio a Parigi, che nel 2019 ha festeggiato i suoi dieci anni”.