L’amministrazione americana di Trump sta cercando di siglare diversi accordi con più Paesi per accogliere i migranti deportati dagli Stati Uniti. Secondo un’esclusiva pubblicata stamattina dal Washington Post, tra i Paesi con cui Washington sarebbe in trattativa ci sono Libia, Ruanda, Benin, Eswatini, Moldavia, Mongolia e Kosovo.
Il modello di accordo che l’amministrazione Trump starebbe proponendo a questi Paesi è simile a quello siglato con Panama a febbraio, un accordo una tantum in base al quale gli Usa hanno inviato a Panama un volo charter con a bordo oltre 100 persone migranti, per lo più originarie del Medio oriente: qui i migranti sono stati trattenuti e il governo panamese sta lavorando per rimandarli nei loro Paesi d’origine, l’ultimo miglio che può essere gestito totalmente a discrezione di Panama. Trump vorrebbe replicare questo modello anche con altri Paesi africani, europei e asiatici: gli Usa sperano che queste nazioni acconsentano alle richieste dell’amministrazione, e il Washington Post cita come possibile merce di scambio dei non meglio precisati accordi finanziari e una sorta di “beneficio politico” derivante dall’aiutare il presidente Trump, una sorta di pagamento in visibilità. O in soft-power, che dir si voglia.
Accordi del genere sono in fase finale di trattativa con l’Honduras e sono in corso trattative con la Costa Rica: “I funzionari” scrive il quotidiano della capitale americana, “stanno cercando altre destinazioni dove inviare gli immigrati che gli Stati Uniti vogliono deportare ma i cui paesi d’origine sono lenti o restii ad accettarli”. Il giorno dell’insediamento, il 20 gennaio, Trump, nel suo primo discorso da 47esimo presidente degli Stati Uniti, ha promesso di impedire l’ingresso di immigrati clandestini negli Stati Uniti e di avviare il processo di deportazione di milioni di persone migranti, dichiarando poche ore dopo lo stato di emergenza nazionale per la situazione al confine meridionale degli Stati Uniti.