di Andrea Spinelli Barrile
Diversi attivisti keniani della GenZ hanno annunciato nuove proteste nazionali contro il governo Ruto, accusato di corruzione e repressione. Al centro della tensione anche lo spettacolo teatrale “Echoes of War”, censurato durante il National Drama Festival.
Diversi attivisti della generazione Z keniana (GenZ) si sono radunati nei giorni scorsi sotto l’egida della Kprm, di fronte al Parlamento keniano nel centro di Nairobi, per una conferenza stampa durante la quale sono state annunciate nuove mobilitazioni, sulla falsariga di quelle dello scorso anno esplose a giugno. Gli attivisti hanno annunciato proteste a livello nazionale dal 22 al 25 aprile. Lo apprende infoAfrica dal comunicato finale diffuso al termine della conferenza, in cui gli attivisti esprimono forti lamentele contro il governo keniota, guidato dal presidente William Ruto, delineando un piano per le future proteste di massa.
La dichiarazione condanna i rapimenti, le uccisioni e le violenze contro i kenioti da parte del governo e delle forze di sicurezza e accusa apertamente il governo di “trascinare la nazione indietro, alla dittatura” promuovendo violenze. I firmatari della dichiarazione accusano il governo di aver rifiutato ogni dialogo con loro e il presidente Ruto di corruzione, collegando gli importanti prestiti internazionali alla necessità dell’amministrazione di continuare a nutrire un capillare sistema di corruzione interno e criticano anche la presenza di basi militari straniere (vengono citate basi britanniche e americane), perché protagoniste dell’accaparramento di terre e di abusi contro la popolazione locale.
Nel comunicato, gli attivisti avanzano alcune richieste concrete al governo, anche di politica estera come una condanna chiara e inequivocabile, con la cacciata dal Paese, dei ribelli delle Rapid support forces sudanesi, accusando il governo di “mettere il nostro Paese in un pasticcio diplomatico: non possiamo nascondere signori della guerra che uccidono civili innocenti”. Proprio il 17 aprile, il primo segretario di gabinetto del Kenya, Musalia Mudavadi, ha categoricamente respinto le accuse secondo cui il Kenya starebbe sostenendo le Forze di supporto rapido (Rsf) nel conflitto con le forze armate sudanesi. In un’intervista rilasciata alla Bbc, Mudavadi ha chiarito la posizione del Kenya: “Siamo un centro di una mediazione. Incoraggiamo solo dialoghi pacifici per soluzioni pacifiche. Questo è il livello di collaborazione del Kenya con le varie parti in Sudan”.

Inoltre, gli attivisti chiedono il rilascio di tutti gli arrestati, “giovani rapiti vivi o morti”, risarcendo le famiglie e con scuse pubbliche del presidente, le dimissioni del ministro degli Interni, del direttore generale dei servizi segreti, della polizia e di tutta una serie di figure apicali dell’apparato di sicurezza keniano, la pubblicazione di un’analisi balistica super partes sui fatti dello scorso anno, perché “dobbiamo sapere chi ha ordinato le uccisioni e chi ha sparato” sugli attivisti per “ottenere giustizia”, la fine di ogni rapimento e sparizione forzata di attivisti, la cancellazione del nuovo modello di finanziamento universitario, il saldo degli arretrati per ripianare i debiti del settore sanitario e il ripristino del programma Linda mama per garantire alle donne “un parto sicuro e conveniente”, un audit del debito pubblico del Kenya i cui risultati vanno resi pubblici e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale di tutti i progetti governativi in corso e che sono stati completati.
“Siamo pronti a fare qualsiasi cosa per proteggere il nostro paese dalle mani di assassini e individui corrotti” hanno detto gli attivisti durante la conferenza stampa.
Lo spettacolo teatrale ispirato alle proteste della GenZ
Il clima nel Paese è sempre più teso, sulla falsariga di quanto già accaduto la scorsa estate, con le proteste della GenZ iniziate a giugno 2024: il governo keniano è stato costretto a scusarsi con le studentesse della Butere girls high school per le violenze subite dalla polizia durante il National drama festival di Nakuru, cui avrebbero dovuto partecipare con lo spettacolo teatrale Echoes of war, mai andato in scena. Il 16 aprile Dennis Itumbi, responsabile di Creative Economy e dei progetti speciali presidenziali, intervenendo a Citizen tv si è scusato sia per il lancio di lacrimogeni e per le violenze della polizia contro le ragazze che per la mancata rappresentazione dello spettacolo teatrale.
Tutto è avvenuto la scorsa settimana nell’ambito del National drama festival di Nakuru, il Concorso nazionale teatrale delle scuole superiori il cui vincitore mette in scena il suo spettacolo alla State house di Nairobi. Lo spettacolo mai andato in scena si chiama “Echoes of War” ed è ambientato in un regno immaginario in cui i giovani hanno perso fiducia nei loro leader. L’autore è Cleophas Malala, insegnante, autore ed ex-politico. Gli spettatori che si erano radunati per assistere ad uno spettacolo teatrale giovedì scorso sono state disperse dagli agenti che hanno sparato gas lacrimogeni e manganellato la folla senza troppi complimenti. Secondo diversi video che circolano sui social media gli scontri con la polizia sono stati molto violenti e sono esplosi quando le studentesse della Butere girls, che dovevano mettere in scena la piece teatrale, hanno fatto irruzione nel teatro dove doveva tenersi lo spettacolo, chiedendo il rilascio di Malala, che era stato arrestato dalla polizia la sera prima.
Lo spettacolo era stato escluso dal Festival, ma un ricorso presentato da Malala presso l’Alta corte aveva annullato la decisione e ordinato l’inclusione dello spettacolo nel programma. Dopo l’arresto di Malala, le proteste e la violenza, le attrici hanno boicottato lo spettacolo lamentando anche il fatto che molti oggetti di scena e il sistema di amplificazione erano spariti. Giovedì sera le attrici, per protesta, si sono limitate a cantare l’inno nazionale keniano sul palco per poi scendere: subito dopo, la polizia è intervenuta di nuovo con i lacrimogeni all’interno della struttura. Malala è stato infine scarcerato e ha annunciato che metterà in scena lo spettacolo con un cast di attori adulti, lo farà filmare e caricare su YouTube per renderlo accessibile a tutti.

“Con le mie scuse arriva tutta la forza del governo: non ci scusiamo solo per i gas lacrimogeni, ma anche per non essere riusciti a gestire la situazione fino in fondo” ha detto in tv ieri sera Itumbi parlando a nome del governo. Itumbi si è scusato per il fatto che le ragazze abbiano perso “la grande opportunità” di mettere in scena il loro spettacolo teatrale a livello nazionale, un’opportunità “per la quale avevano lavorato a lungo”. Le scuse del governo keniano tuttavia arrivano a una settimana dai fatti e dopo che altri esponenti del governo avevano criticato Malala e lo spettacolo: il giorno dopo le violenze, il ministro dell’Istruzione Julius Ogamba aveva stigmatizzato il coinvolgimento di Malala nel festival, dicendo che è un politico e non un insegnante o un regista di teatro mentre il ministro degli Interni, Kipchumba Murkomen, aveva dichiarato: “Mi chiedo perché un politico dovrebbe fare da sceneggiatore per una performance studentesca. Persino la competizione perde valore se non permettiamo agli insegnanti di fare da sceneggiatori”.
Amnesty International, in una nota, aveva detto che quanto accaduto, l’intera vicenda, è “un preoccupante modello di repressione della libertà di espressione, della libertà di stampa e del diritto di associazione” e che lo Stato ne è pienamente responsabile. Secondo Martha Koome, procuratrice keniana, la detenzione di Malala viola l’ordinanza del tribunale che autorizza la partecipazione dell’opera e del suo autore al concorso. Non è chiaro se la commedia verrà squalificata e quindi non accederà alla finale del Festival, che si terrà alla State House di Nairobi, alla presenza del presidente.
Il regno fittizio immaginato per la pièce teatrale Echoes of War è governato da un sultano tirannico, irritato dall’attivismo dei giovani, un soggetto che ricorda molto quanto sta accadendo in Kenya, dove i giovani da un anno protestano chiedendo al presidente William Ruto di andarsene. In Kenya i concorsi teatrali di questo genere delle scuole superiori sono molto popolari e spesso gli studenti usano il teatro come strumento per sfidare e criticare il potere: non è la prima volta infatti che uno spettacolo teatrale fa infuriare le autorità.
Foto di LUIS TATO / AFP