di Tommaso Meo
Ricorreva ieri, 7 agosto, il compleanno del due volte campione olimpico Abebe Bikila, a pochi giorni dalla maratona che chiuderà questa edizione parigina dei Giochi. Il leggendario maratoneta etiope, nato nel 1932 nel villaggio di Jato, nel 2024 avrebbe compiuto 92 anni.
La sua corsa a piedi nudi tra le strade semibuie di Roma alle Olimpiadi del 1960 è un’immagine iconica che tutti hanno nella mente e che difficilmente vedremo più, quest’anno come in futuro.
La scelta di correre senza scarpe fu una decisione tattica presa insieme al suo allenatore Onni Niskanen così come quella di scattare a un chilometro dall’arrivo per staccare il marocchino Rhadi Ben Abdesselam, uno dei favoriti quell’anno. Per pura ironia della sorte l’attacco decisivo di Bikila avvenne proprio sotto l’obelisco di Axum, monumento trafugato dall’Etiopia dalle truppe italiane durante la loro breve dominazione del Paese e che un tempo si trovava di fianco alla sede della Fao, di fronte al Circo Massimo. Tagliando per primo il traguardo Bikila stabilì anche un nuovo record olimpico. La scenografica e inaspettata vittoria capitolina non solo gli assicurò un posto nella storia dello sport, ma simboleggiò anche l’emergere degli atleti africani sulla scena mondiale.
Meno nota ai più è la vita di Bikila prima e dopo quel momento spettacolare. L’atleta etiope era infatti un agente di polizia e lavorò come guardia del corpo personale dell’imperatore Hailé Selassié, diventando un eroe nazionale, però, solo dopo il successo di Roma. Bikila tornò alle Olimpiadi nel 1964 a Tokyo e vinse ancora nonostante fosse stato sottoposto a un’operazione per appendicite appena 40 giorni prima della gara. Questa volta corse indossando un paio di scarpe e fece registrare il record mondiale di allora per la maratona: 2 ore, 12 minuti e 11 secondi.
Dopo Tokyo, Bikila partecipò ad altre competizione, vinse alcune maratone ma non riuscì a ripetere il suo exploit olimpico anche a Città del Messico nel 1968. Probabilmente a causa dell’altitudine fu costretto a ritirarsi. La sua carriera sportiva fu interrotta nel 1969 da un grave incidente automobilistico che lo lasciò paralizzato dalla vita in giù. Nonostante la sua condizione, rimase una figura ispiratrice per lo sport internazionale e partecipò anche a gare per atleti disabili nel tennis tavolo e nel tiro con l’arco. Bikila morì nel 1973 all’età di 41 anni a causa di un’emorragia cerebrale.
A testimonianza del grande significato delle sue imprese sportive, sulla sua lapide nel cimitero di Addis Abeba, dove è sepolto, le incisioni sono in tre lingue: amarico, italiano e giapponese; la sua nazione natìa e quelle che lo “adottarono” sportivamente. Nella capitale etiope gli è stato dedicato anche lo stadio nazionale, ma la memoria di Bikila sopravvive anche in Italia: a Ladispoli, nel 2010, è stato intitolato all’atleta un ponte pedonale, mentre ai Roma, nello stesso anno, gli ha dedicato una targa in memoria del cinquantenario della vittoria, lungo il percorso olimpico di fronte all’ingresso del Palatino. Nell’estate del 2022 è stata intitolata a Bikila anche una strada che collega via Laurentina a via di Tor Pagnotta, nella capitale. Nel luglio 2023 l’ambasciata etiope ha voluto apporre qui una targa commemorativa.
Bikila, insieme a Waldemar Cierpinski ed Eliud Kipchoge, rimane ancora oggi uno dei soli tre atleti nella storia dello sport capaci di vincere l’oro nella maratona in due edizioni consecutive dei Giochi Olimpici.