testo e foto di Marco Trovato
In Uganda, dopo la stagione delle piogge si apre la caccia notturna alle senene, insetti volanti grandi come locuste, autentiche prelibatezze per la popolazione e richieste in gran numero nei mercati locali. Ma c’è chi vorrebbe difenderle.
L’appuntamento è fissato per mezzanotte in un sobborgo di Kasese, là dove finisce la città e inizia la boscaglia. Per trovare il posto è bastato seguire l’enorme fascio di luce che illumina la notte equatoriale. Una nottata che si annuncia lunga e impegnativa. «Dovrai avere molta pazienza: le nostre amiche sono in ritardo», mi avverte con un sorriso Mukisa, vent’anni, mentre osserva il cielo scuro. «Bisogna attendere il sorgere della luna: a quel punto inizieranno ad arrivare, vedrai che spettacolo», aggiunge il ragazzo avvolgendosi in una tunica viola che lo fa sembrare un folletto.
I suoi compagni, una decina in tutto, stanno combattendo contro il sonno e il freddo. Bevono alcol adulterato e masticano foglie di chat (un’erba dagli effetti stupefacenti che crea eccitazione, euforia e dipendenza). Indossano abiti cenciosi, occhiali da sole dozzinali, turbanti raffazzonati con pezzi di stoffa lisa. Sono cacciatori notturni. E sono disarmati.
Le piogge non sono ancora terminate, l’aria è densa di zanzare e umidità. Questa è la stagione della caccia alle senene (si tratta del conocefalo grosso; nome scientifico: Ruspolia nitidula), cavallette di colore verde chiaro. Gli ugandesi ne vanno ghiotti. Ogni anno, tra novembre e dicembre milioni di esemplari discendono gli altopiani etiopi per raggiungere le floride regioni attorno al Lago Vittoria. La zona attorno a Masaka, epicentro di questa pacifica invasione, si riempie di cacciatori notturni provenienti da ogni parte dell’Uganda meridionale. Ma l’area di caccia si estende dalla città di Kasese alla capitale Kampala. Nelle periferie dei centri abitati vengono armate trappole artigianali composte da lamiere di metallo, illuminate come monumenti, collocate in pozione verticale sopra grossi bidoni.
Un duro mestiere
Per attirare gli insetti si utilizzano faretti elettrici di grande potenza (talvolta attaccati abusivamente ai pali della rete pubblica). Le luci richiamano le cavallette sulle lastre scivolose: a migliaia finiscono intrappolate nei bidoni. Attorno alle lampade si assiepano anzitutto nugoli di minuscole farfalle. «Segnalano l’imminente arrivo delle senene», mi viene svelato.
Dal cielo cominciano a piovere insetti verdi che tamburellano sulle lastre metalliche. La raccolta può avere inizio. «Una volta catturate, vanno pulite», spiega Mukisa, illustrandomi il procedimento. «Via le ali e le zampe», e con due dita strappa le parti dall’insetto. «Resta solo ciò che interessa: la porzione centrale del corpo, torace e addome, che puoi cucinare come preferisci ed è squisita», mi invita a provare il ragazzo, portandomi alla bocca un bozzolo prelevato da un sacchetto logoro. La sensazione è di mangiare gamberetti di fiume: non male. La caccia ai conocefali dura tutta la notte, fino alle prime luci dell’alba. E prosegue per settimane.
«È un’attività faticosa e pericolosa», confida un giovane che si è cosparso il viso di farina bianca di manioca, assumendo le sembianze di uno zombie. Si chiama Godrfey, viene da un villaggio al confine con il Ruanda. «Le potenti lampade che usiamo ogni notte fanno male alla vista e al volto. Bisogna proteggersi meglio che si può, altrimenti ci si bruciano gli occhi e la pelle». Non solo. «La luce attira le cavallette, certo, ma anche migliaia di parassiti volanti, falene notturne, coleotteri, blatte… e diverse specie di insetti velenosi che mordono e pungono provocando atroci dolori». I cacciatori di senene si riconoscono perché hanno il corpo martoriato di cicatrici: le mostrano con orgoglio sugli avambracci, sulle mani e sui colli, come ferite di guerra per un soldato. «Sono i segni del nostro duro lavoro – dicono all’unisono –. Sono il prezzo da pagare per guadagnarci da vivere».
Caccia senza freni
Al termine della caccia, frotte di donne e bambini recuperano con enormi sacchi le cavallette e le ripuliscono per poterle vendere. Nell’arco di poche ore, le senene finiscono esposte lungo le strade rurali o nei mercati di Kampala. Sono considerate prelibatezze gustose. Pregiate leccornie. «Se vuoi conquistare una ragazza, qui non devi regalare un mazzo di fiori, ma un cartoccio di senene», mi ha confidato un amico ugandese.
Ricchissime di proteine, come tutti gli insetti (di cui la Fao raccomanda il consumo), le cavallette possono essere cucinate in vari modi: bollite, fritte e speziate, arrostite e ridotte in polvere, in padella con cipolle e peperoncino. Un barattolo pieno di conocefali grossi costa seimila scellini ugandesi, circa un euro e mezzo. Un cucchiaio da tavola, mille scellini (25 centesimi di euro). «Per guadagnare abbastanza dobbiamo riempire decine di sacchi a notte, ma è un’impresa che diventa sempre più difficile», sostiene Mukisa. Pare che il numero delle cavallette stia diminuendo di anno in anno, complici l’urbanizzazione che riduce progressivamente le zone verdi e i cambiamenti climatici che rendono più incerta la stagione delle piogge.
Ma i ricercatori dell’Università di Makerere puntano il dito proprio contro i raccoglitori di cavallette. «La caccia indiscriminata e senza freni rischia di sterminare la popolazione di questi insetti che sono un anello fondamentale del nostro ecosistema», sostiene il professor Phillip Nyeko. «Il governo dovrebbe porvi un freno, altrimenti nell’arco di pochi anni la pacifica invasione delle senene sarà solo un ricordo».
Questo articolo è uscito sul numero 2/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop