In un rapporto pubblicato questa mattina, Amnesty international accusa il gruppo Meta, proprietario tra gli altri di Facebook e Instagram, di non aver “limitato adeguatamente” i contenuti incitanti all’odio durante il conflitto tra il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) e le forze governative etiopi durante la recente guerra civile, tra il 2020 e il 2022.
Il problema, spiega Amnesty, è “il modello di Facebook basato sulla logica degli algoritmi”, un sistema che è studiato per aumentare l’uso dei social e favorire la propagazione di contenuti violenti. Su Facebook, molto usato in Etiopia e considerato generalmente come buona fonte di informazioni, durante la guerra civile è stato un proliferare di contenuti violenti e di messaggi d’odio contro la comunità tigrina.
Prima e durante il conflitto, Meta ha ricevuto avvertimenti da parte di numerose organizzazioni della società civile ed esperti di diritti umani: “Tuttavia, non ha tenuto conto di questi avvertimenti e non ha adottato le necessarie misure di mitigazione, nemmeno dopo lo scoppio del conflitto”, denuncia la segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard. L’organizzaizone chiede al gruppo Meta “riforme su larga scala” mentre la regione di Amhara, nel nord dell’Etiopia, deve ancora affrontare una crisi di sicurezza. Nel dicembre 2022 è stata presentata una denuncia collettiva contro Meta, presso il centro di regolamentazione della rete Facebook a Nairobi, in Kenya. I ricorrenti accusano la società di non aver moderato adeguatamente i contenuti trasmessi in lingua etiope, oltre ad aver favorito discorsi divisivi e incitanti all’odio.