I parlamentari gambiani hanno approvato un rapporto a sostegno del divieto di escissione e mutilazione genitale femminile (Mgf), che nel Paese africano sono illegali dal 2015, in vista del voto finale che potrebbe ripristinare questa pratica, previsto per la fine di luglio.
Il Parlamento di Banjul, da mesi, lavora su un disegno di legge volto a revocare il divieto di mutilazione genitale femminile: questo dibattito divide profondamente l’opinione pubblica e attira l’attenzione internazionale su questo piccolo Paese dell’Africa occidentale. Se approvato, il Paese diventerebbe il primo al mondo a revocare il divieto di questa pratica. Dopo un acceso dibattito parlamentare, che si è concluso in urla e in una rissa tra deputati, 35 deputati hanno votato a favore del rapporto, 17 contro e due si sono astenuti. La votazione finale è prevista per il 24 luglio.
A marzo i parlamentari hanno votato a stragrande maggioranza affinché il testo fosse esaminato da una Commissione parlamentare appositamente creata e ieri questa Commissione ha presentato i suoi risultati, in cui raccomanda ai parlamentari di mantenere la legge del 2015, e quindi mantenere il divieto di “circoncisione femminile in tutte le sue forme, sia la mutilazione genitale che l’escissione”. Secondo la relazione della Commissione “la mutilazione genitale femminile non è islamica ma è un’usanza/credenza tradizionale”, una posizione netta, piuttosto nuova e in netto contrasto con il sentimento più diffuso, visto che i sostenitori della revoca del divieto sostengono che le Mgf siano una pratica profondamente radicata nelle credenze tradizionali, culturali e religiose della maggioranza dei gambiani ma anche sostenuta dall’Islam.
La Commissione gambiana ha detto di aver intervistato studiosi musulmani, 150 esperti e testimoni, e numerose persone che hanno subito queste mutilazioni: il Gambia è uno dei dieci Paesi in cui le Mgf sono più diffuse: secondo l’Unicef, il 73% delle donne e delle ragazze tra i 15 e i 49 anni hanno subito questa procedura. Secondo la Commissione le Mgf sono una violazione dei diritti umani, perpetuano le disuguaglianze di genere e le discriminazioni contro le donne e contravvengono agli impegni internazionali assunti dal Gambia.
Il tema Mgf è rovente un po’ in tutta l’Africa occidentale: in Sierra Leone, dove è stata promulgata da poco una storica legge che vieta i matrimoni precoci (il Paese ha tra i tassi più alti di gravidanze e matrimoni precoci del pianeta), il dibattito pubblico ora si è spostato completamente sulle mutilazioni genitali femminili. Il testo di legge contro i matrimoni precoci, promosso e sponsorizzato dalla first lady Fatima Maada Bio, tace completamente sulle Mgf e questo sta diventando oggetto di dibattito nel Paese africano, a nemmeno una settimana dalla proibizione dei matrimoni precoci.
La Mgf comprende la rimozione parziale o totale del clitoride (escissione), o più in generale dei genitali esterni, o qualsiasi altra lesione ai genitali. Oltre al dolore e al trauma, possono avere gravi conseguenze mediche, come infezioni, sanguinamento e, successivamente, sterilità o complicazioni durante il parto. In Sierra Leone, l’83% delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni ha subito tale pratica. All’Afp, Josephine Kamara, direttrice di Purposeful, un’organizzazione sierraleonese che difende i diritti delle donne, spiega che “tagliare il clitoride significa che le ragazze sono pronte a diventare donne. Questo rito di passaggio significa che una volta attraversato questo, si diventa donne. Sei un’adulta, anche se hai solo 7 anni”.
Secondo Kamara il messaggio che passa alle persone, con l’approvazione del divieto dei matrimoni precoci ma senza nemmeno una menzione sulle Mgf, “è contraddittorio, diciamo “basta ai matrimoni” ma lasciamo che resti l’istituzione che crea il mercato, di questi matrimoni”. In realtà, inizialmente il testo anti-matrimoni precoci conteneva una parte sui diritti dell’infanzia, stralciata e rimasta bloccata nei gangli delle procedure parlamentari sierraleonesi: “Sappiamo bene perché si rifiutano di parlarne” ha detto Kamara riferendosi ai parlamentari: anche in Sierra Leone infatti le Mgf “fanno parte della cultura. Ma non c’è nulla di culturale nel tagliare il clitoride, è solo una violazione dei diritti umani”.