Di Andrea Spinelli Barrile
Le piccole imprese del Kenya rifiutano sempre più i pagamenti tramite mobile money, in particolare tramite M-Pesa, a favore del contante, nel tentativo di eludere le misure aggressive di conformità fiscale. Lo riporta Semafor Africa, che racconta di una vera e propria inversione di tendenza nell’uso di M-Pesa e del mobile money in Kenya, Paese pioneristico da questo punto di vista.
Poche settimane fa, alla fine di settembre, il governo del Kenya ha dispiegato 1400 funzionari dell’Ufficio delle tasse (Kenya revenue authority, o Kra), che stanno visitando migliaia di aziende per verificare la conformità ai requisiti fiscali. La Kra è sotto pressione per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di entrate fiscali stabiliti dall’amministrazione del presidente William Ruto, che vuole aumentare la riscossione annuale delle entrate fiscali del 25%, o di 500 miliardi di scellini (ovvero 3,3 miliardi di dollari). La Kra ha mancato l’obiettivo per l’anno finanziario 2022/23 di 107 miliardi di scellini e, con quasi il 60% delle entrate del POaese destinate ai costi del servizio del debito, Ruto ha fatto ricorso ad aumenti fiscali impopolari e a misure aggressive di conformità per aumentare le entrate. La scorsa settimana la Kra ha rivelato che avrebbe cercato informazioni sulle aziende che hanno rinunciato ai pagamenti con denaro mobile, che per il 99% passano tramite Lipa Na M-Pesa, che detiene un regime di monopolio di fatto del mercato del mobile money keniota. A marzo 2023 sono stati mobilitati su M-Pesa 117 miliardi di scellini kenioti (circa 780 milioni di dollari), la cifra più alta di sempre da quando è stato lanciato il servizio nel 2007.
L’abbandono da parte delle aziende dei pagamenti M-Pesa rappresenta una svolta importante in un Paese noto per essere stato il pioniere del mobile money, e dove il servizio è onnipresente: M-Pesa ha raggiunto i 30 milioni di clienti attivi nel marzo dello scorso anno e più di 600.000 commercianti hanno ricevuto pagamenti tramite Lipa Na M-Pesa, la sua soluzione di pagamento specifica per le aziende, nell’anno finanziario terminato a marzo 2023. Un successo notevole, che ha portato Safaricom ed M-Pesa ad approdare su quello che è il più grande mercato dell’Africa orientale, l’Etiopia: più della metà del Pil del Kenya viene scambiato sulla piattaforma e a M-Pesa è stato anche ampiamente riconosciuto il merito di aver avuto un impatto trasformativo sui mezzi di sussistenza dei keniani e sull’economia del Paese. Un modello che Safaricom vuole replicare altrove.
Oggi gli imprenditori kenioti sono spaventati e preoccupati dal dover sborsare più tasse: l’alto costo della vita e delle materie prime, non solo cibo ma anche energia e acqua, sta colpendo in negativo il potere d’acquisto di molti keniani, con effetto di ricaduta sulle piccole e medie imprese.
All’aumento delle tasse e all’alto costo della vita si aggiunge, tra i motivi che stanno portando all’abbandono dei clienti di M-Pesa, un aumento del costo delle transazioni. Ai commercianti che utilizzano M-Pesa viene addebitato fino allo 0,55% del valore di ciascuna transazione con l’opzione “Acquista merci” ma molte piccole imprese hanno abbandonato il servizio poiché hanno dovuto sostenere costi aggiuntivi per l’invio di denaro ai dipendenti, l’acquisto di azioni o il prelievo di contanti. Un commerciante che vende beni per un valore di 1.000 scellini kenioti riesce a trattenere un massimo di 969,5 scellini, al netto delle commissioni di transazione e di prelievo, poco più del 3% di commissioni. I pagamenti con carta, che non sono così comuni in Kenya, generalmente costano ai commercianti tra l’1% e il 6%, a seconda del valore della transazione e della banca.