Il re del Marocco, Mohammed VI, ha graziato la giornalista Hajar Raissouni, incarcerata con l’accusa di «aborto illegale» e «relazioni sessuali fuori dal matrimonio». Lo ha annunciato ieri sera il ministero della Giustizia marocchino tramite una nota, come riporta Jeune Afrique.
Nel comunicato si legge che «questa grazia reale fa parte della compassione e della misericordia riconosciute dal sovrano e della preoccupazione di preservare il futuro dei due fidanzati che progettarono di fondare una famiglia in conformità con i precetti religiosi e la legge, nonostante il fatto che un loro errore abbia portato a questa causa», ha aggiunto la dichiarazione. Nello stesso contesto, il capo dello Stato marocchino «ha ringraziato il fidanzato di Hajar Raissouni e il team medico perseguito in questa vicenda».
Raissouni, 28 anni, era stata condannata a un anno di carcere da un tribunale di Rabat lo scorso 30 settembre. Durante il processo, Raissouni ha sempre negato di avere abortito, dicendo di essersi fatta curare per una perdita di sangue interna, testimonianza sostenuta dal suo ginecologo. Arrestati e giudicati contemporaneamente a lei, il suo ginecologo e il suo fidanzato erano stati condannati rispettivamente a due anni e un anno di prigione, mentre un anestesista era stato condannato a un anno con pena sospesa e un assistente medico a otto mesi, anche lui con pena sospesa.
Nelle scorse settimane, il caso della giornalista Hajar Raissouni aveva suscitato sdegno nel Paese. Intellettuali e gente comune si sono uniti nel protestare contro una legislazione anacronistica che punisce duramente gli «atti contro la morale pubblica». Un manifesto di solidarietà alla giornalista e a supporto dei diritti di tutte le donne marocchine è stato proposto dalla scrittrice Leila Slimani e dall’attivista Sonia Terrab e firmato in prima battuta da 470 donne. Un atto di autoaccusa per aprire ancora una volta il dibattito sulla discriminazione e sui diritti negati.
La donna ha denunciato che il suo arresto sarebbe un «atto politico» per i suoi articoli sul movimento di protesta contro la mancata realizzazione dei progetti di sviluppo nella regione di al Hoceima, nel Nord del Paese. Il pubblico ministero del tribunale di primo grado di Rabat, da parte sua, ha negato in una dichiarazione la natura politica del caso. L’arresto della giornalista «non ha nulla a che fare con la sua professione di giornalista, ma riguarda atti che costituiscono reati ai sensi del diritto penale, vale a dire la pratica dell’aborto, l’accettazione e la partecipazione a aborti da parte di terzi».