Il Governo del Mali avvierà colloqui di pace con i leader di due gruppi jihadisti: il Fronte di Liberazione Macina, un gruppo composto da membri delle tribù fulani e guidato da Amadou Koufa, e Ansar Dine il cui leader è il tuareg Iyad Ag Ghali. Entrambi, negli anni scorsi, hanno organizzato sanguinosi attacchi contro le forze armate maliane e francesi nonché contro le basi della forza di pace delle Nazioni unite. Da gennaio, inoltre, Ansar Dine è alleata con al Mourabitoun, formazione guidata dall’algerino jihadista Mokhtar Belmokhtar, che ha rivendicato un attacco suicida contro un campo militare nel Nord del Mali che ha ucciso una sessantina di persone.
La decisione di aprire un dialogo con queste formazioni è scaturita da una conferenza che si è tenuta nei giorni scorsi sotto gli auspici del Presidente maliano Ibrahim Boubacar Keita. Nel corso della conferenza è emersa la necessità di un’intesa con queste formazioni ribelli, «preservando la laicità dello Stato».
L’incontro aveva lo scopo di rendere operativo l’accordo di pace firmato nel 2015 che è rimasto carta bianca a causa di crescenti frizioni tra i gruppi ribelli. L’intesa del 2015 era un tentativo di fermare la guerra civile che ha opposto i nomadi tuareg e il Governo di Bamako e che, a partire dal 2012, ha destabilizzato il Nord Mali. Solo l’intervento delle truppe francesi è riuscito a contenere una escalation del conflitto, ma non riportare la stabilità.
Nelle regioni settentrionali infatti si continua a combattere. Gruppi criminali (che controllano il traffico di sigarette, stupefacenti e migranti), diversi gruppi etnici e jihadisti continuano quotidianamente a scontrarsi. Di questa situazione caotica ne hanno approfittato al Qaeda (presente con Al Qaeda nel Maghreb islamico) e l’Isis che, negli ultimi anni, sono riusciti a occupare posizioni strategiche e organizzare attacchi sempre più sanguinosi.