Un topo contro le mine. Un roditore, addestrato opportunamente, può essere un alleato importantissimo per l’uomo perché è in grado di rilevare gli ordigni nascosti sottoterra. A scoprirlo è stato Bart Weetjens. Giovane studente dell’università agraria Sokoine di Morogoro in Tanzania, ha portato avanti una serie di esperimenti e poi, su appositi campi realizzati in collaborazione con le forze armate del Paese africano e con organizzazioni internazionali, ha addestrato i mammiferi. Oggi Apopo, l’Ong fondata dallo stesso Bart, lavora in Mozambico e presto in Zimbabwe, un lungo periodo trascorso in Angola, teatro di scontri durissimi e vittima da anni dei campi minati.
Tutto è nato per caso. Nelle lunghe giornate di studio, al giovane serve anche un poco di compagnia. Che cosa meglio di un animale da tenere con sé? La scelta di Bart, abbastanza diffusa nell’Africa centrale, cade proprio su un ratto. Se si supera qualche pregiudizio più che altro di natura occidentale, questo animale è quasi l’equivalente del suo principale nemico, il gatto, sia in termini di peso, tre chili, sia in termini di affettuosità. Insomma, una bestiola non invadente, facile e poco costosa da nutrire. Non solo, ha anche affinità con il criceto domestico grazie alle tasche guanciali che gli permettono di immagazzinare il cibo, tanto che il suo nome scientifico è proprio Cricetomys gambianus, ovvero criceto gigante del Gambia, anche se tecnicamente appartiene a una distinta famiglia di roditori endemica dell’Africa.
Osservando il suo topo, Bart capisce che ha potenzialità enormi. La prima e più importante è lo straordinario fiuto che gli permette di avvertire un odore strano o diverso a distanza. La seconda qualità eccezionale è la sua leggerezza. È così leggero che anche se passa sopra una mina non ne fa scattare il detonatore. E allora perché non addestrarlo ad avvertire l’odore dell’esplosivo? Una volta che il roditore è in grado di riconoscere l’esplosivo, può diventare un prezioso alleato degli sminatori. Detto fatto. I topoi vengono addestrati e vengono inviati in zone che si pensa possano essere a rischio per la presenza di mine. Dotandolo di un piccolo telecomando e legato a un lungo guinzaglio, il fiuto gli permette di sentire l’odore dell’esplosivo individuando con precisione la mina senza farla esplodere ancorchè urtata.
Il risultato è straordinario: un lavoro svolto in termini incomparabilmente più veloci di quanto possa fare un uomo addestrato e nessuna vittima tra i ratti, con buona pace degli animalisti. Un topo impiega 11 minuti per scovare l’esplosivo a fronte di 5 giornate di impegno umano di una squadra dotata di metal detector. La scoperta del piccolo ordigno è ricompensata, come si usa fare di solito con ogni tipo di animale addestrato, con un bel bocconcino appetitoso di noccioline e banane.
Sminare un campo è sempre e comunque un lavoro che richiede molto tempo e precisione. Per far ciò sino ad alcuni anni fa venivano usati metal detector, che potevano individuare con facilità gli involucri metallici delle mine, oggi però resi inutili dai contenitori in plastica. Il topo invece non si fa mai ingannare, il suo fiuto mira diritto all’esplosivo, che il contenitore sia di plastica o metallo, nulla lo svia.
Il topo dunque non lo ferma nessuno, tanto che oggi l’utilizzo degli animali nella ricerca in campo aperto è stato esteso dall’Africa in Oriente, a partire dalla Cambogia, dove la sanguinaria presenza dei kmer rossi negli anni Settanta del Novecento ha lasciato in eredità alle famiglie dei contadini sopravvissute ai massacri di massa l’impatto con gli esplosivi ogni volta che vanno nei campi ad arare o seminare. Donne, vecchi, adulti e bambini, non c’è differenza: di persone con gli arti amputati si arricchisce ancor oggi ogni giorno ogni villaggio, particolarmente nel nord ovest del Paese, dove aveva trovato rifugio la classe dirigente in fuga e da dove arrivavano gli eserciti stranieri di occupazione. 40 mila persone amputate e 4 milioni di mine disseminate sono i numeri impressionanti che riassumono la tragedia.
Mario Ghirardi