Le Forze di supporto rapido (Rsf) del Sudan, in conflitto armato con l’esercito sudanese dall’aprile 2023, e i loro gruppi politici alleati hanno firmato un accordo politico a Nairobi, in Kenya, con l’obiettivo di istituire un governo parallelo in Sudan. L’accordo, firmato sabato sera, è il risultato di cinque giorni di deliberazioni, alle quali il governo sudanese si è fortemente opposto, accusando il Kenya di ospitare una “cospirazione per istituire un governo” a favore delle Rsf.
L’accordo è stato firmato da Abdel-Rahim Dagalo, rappresentante delle RSF; Joseph Toka, rappresentante del Movimento di liberazione del popolo del Sudan-Nord guidato da Abdel Aziz al-Hilu; e Al-Hadi Idris del Movimento di liberazione del Sudan. Erano presenti anche figure di spicco, tra cui il leader del Partito nazionale Umma, Fadlallah Burma Nasser, e Ibrahim al-Mirghani del Partito unionista democratico.
L’accordo politico, come riporta una dichiarazione ripresa dai media locali, evidenzia diversi obiettivi chiave, principalmente incentrati sulla “fine del conflitto in corso in Sudan” e sull’instaurazione di una pace giusta. Viene inoltre messa in luce la necessità di fornire aiuti umanitari, proteggere i civili e salvaguardare l’unità del Sudan. L’intesa richiede inoltre “il ripristino di un governo civile e democratico, la reintroduzione dei diritti costituzionali dei cittadini, lo scioglimento dell’attuale struttura militare e la creazione di un nuovo esercito nazionale”. Il documento promuove un “governo democratico e pluralista con un sistema decentralizzato, riconoscendo il diritto delle regioni a gestire i propri affari politici, economici e culturali”.
All’inizio della settimana, il ministero sudanese degli Affari esteri ha richiamato il proprio ambasciatore in Kenya, Kamal Jabara, “per consultazioni in risposta all’accoglienza da parte di Nairobi di incontri che coinvolgono la milizia delle Rsf e i suoi alleati, un atto ostile contro il Sudan”. Il ministero ha esortato la presidenza keniana a rivedere il “percorso pericoloso di questa azione, che minaccia la pace e la sicurezza regionali, incoraggiando al contempo il terrorismo, il genocidio e gravi violazioni dei diritti umani”.
Il ministero keniano degli Affari esteri ha da parte sua difeso l’incontro, affermando che faceva parte degli sforzi di coordinamento con l’Onu e l’Unione africana per trovare una soluzione alla guerra in Sudan.
I combattimenti nel Paese hanno causato migliaia di morti, lo sfollamento di milioni di persone e una catastrofe umanitaria, con la diffusione di malattie e una grave crisi alimentare.