Ieri sera ho guardato dalla finestra che dà sulla Kabiria Road. Erano le 19:20, e la strada era ancora piena di pedoni e traffico. Poi guardo le notizie in tivù, vedo le lamentele della gente di Nairobi e Mombasa per la mano pesante usata dalla polizia per obbligare ad andare a casa all’inizio del coprifuoco [che scatta alle 19]. Entra Salmin, che con Bonny e Harrison vive in una piccola flat di fianco alla mia, con la finestra che dà direttamente sulla strada. Sta piangendo, che succede? Ha aperto la finestra per curiosare ed è arrivata una zaffata di lacrimogeni che la polizia ha usato senza risparmio per disperdere la gente. È stato efficace, perché guardando dalla mia finestra vedo la strada deserta. Ma quanto può durare? La dottoressa del nostro dispensario mi aveva detto poche ore prima che i pazienti che chiedono di essere esonerati anche dalla minima quota che chiediamo sono in aumento, ogni giorno. Quando la gente sarà alla fame, basteranno i lacrimogeni per disperderla?
Intanto il Ministero della Sanità ha confermato che i casi di coronavirus continuano a crescere, anche se molto lentamente. Nell’ultimo bollettino che ho visto sono 59, solo una persona deceduta, ed «è in corso la ricerca dei contatti dei 59 casi confermati». Il primo caso è stato riportato il 13 marzo, una crescita molto lenta.
Nel primo pomeriggio ero stato a visitare i nostri nuovi ragazzi a Kerarapon. Una bella atmosfera. Son bastati un po’ di vestiti usati, una cena, una prima colazione e un lunch semplici ma sostanziosi per trasformare quelli che ieri sembravano sporchi e ostili spaventapasseri con lo sguardo spento in ragazzini che dialogano per una mezz’oretta, rilassati e pronti al sorriso. Ho poi fatto chiacchierare Robert a ruota libera per un minuto davanti alla videocamera. Robert è un nostro street worker, sposato, con due figli, anomalo fra il nostro personale, nel senso che non proviene dalla nostra trafila, ma è stato assunto quattro anni fa.
Alcuni amici dall’Italia – e da altri Paesi – mi hanno chiamato anche con WhatsApp chiedendo come fare per sostenere direttamente il lavoro di Koinonia in questa specifica emergenza, a Nairobi come in Zambia. Prima di tutto vorrei dire che ho cominciato a postare queste note solo per aggiornare gli amici, senza pensare di chiedere alcun sostegno economico. In secondo luogo so che molti già usano regolarmente un canale sicuro, sperimentato da anni, per sostenere Koinonia, e quindi continuate a usare quello, perché per noi è importante la continuità: il bambino che oggi riscattiamo dalla strada avrà bisogno di mangiare e studiare anche fra tre anni, e forse ancora più a lungo. Se qualche nuovo amico volesse contribuire, magari con intervento immediato per l’emergenza coronavirus, mi può scrivere a padrekizito@gmail.com e darò le necessarie indicazioni.
Padre Renato Kizito Sesana è un missionario che vive tra Nairobi (Kenya) e Lusaka (Zambia), città dove ha avviato case di accoglienza per bambini e bambine di strada (si chiamano Kivuli, Tone la Maji, Mthunzi…) e molte altre iniziative principalmente rivolte ai giovani, rendendoli protagonisti (come la comunità Koinonia). È cofondatore della onlus Amani, che dall’Italia sostiene la sua opera. Da giornalista, ha sempre avuto una viva attenzione alla comunicazione, dapprima come direttore di Nigrizia, quindi fondando a Nairobi la rivista New People e rendendosi presente sui mezzi di comunicazione keniani e internazionali.