di Federico Monica
Le tende degli abitanti del deserto sono un concentrato di tecnologie, utilizzo dei materiali e design particolarmente adeguato all’ambiente – per questo hanno tipologie variate – e al modo di vita di chi è sempre pronto a rimettersi in viaggio
“Il primo tè è amaro come la vita; il secondo, dolce come l’amore; il terzo, forte come la morte”.
Yislim declama l’antico detto dei nomadi del Sahara mentre sua moglie sorveglia la teiera che borbotta adagiata su un minuscolo braciere acceso coi carboni del fuoco della sera precedente. Tutt’intorno si stende il nulla sterminato, fatto di sabbia bruciata dal sole e dune mutevoli modellate dal vento, ma all’interno della piccola tenda l’atmosfera è avvolgente e fresca, come si trattasse di un miraggio.
Le tende dei nomadi del deserto sono vertici assoluti dell’architettura. Riescono a coniugare alla perfezione semplicità, tecnica, risparmio di risorse, resistenza e leggerezza; impossibile non restare affascinati dalle loro forme sinuose ed elementari o dalla perizia con cui vengono rapidamente allestite, o smontate e caricate sui dromedari. Non esiste un’unica tipologia di tenda: come avviene per le case, le diverse latitudini e condizioni climatiche, le specifiche tradizioni locali o la disponibilità di alcuni materiali piuttosto che di altri hanno fatto sviluppare modelli anche molto diversi fra loro. Quasi tutti però sembrano richiamare con le loro forme le dune circostanti, generando quel dialogo unico fra paesaggio e architetture che solo le costruzioni e le tecnologie tradizionali riescono a raggiungere.
La tenda berbera è detta anche tenda nera, perché storicamente realizzata con lana nera di capra. È sorretta da una coppia di pali in legno centrali alti circa 2,5 metri e collegati da una traversa; altre versioni più grandi prevedono l’inserimento di più coppie di legni con altezze diverse. L’ancoraggio del telo di copertura al terreno avviene con una serie di robusti tiranti paralleli alle cuciture in modo da minimizzare il rischio di strappi.
Il risultato è un tetto dalla forma organica in grado di opporre la minima resistenza al vento, principale fattore di rischio per la stabilità delle strutture in questi contesti; gli spazi fra i limiti del telo di copertura e il terreno vengono chiusi con ulteriori teli più leggeri o lasciati aperti durante la stagione estiva per permettere all’aria di fluire.
La khaima tradizionale dei Mauri riesce a ottimizzare ulteriormente le risorse: il grande telo quadrato in lana o cotone della copertura è forato alla sommità per essere sorretto da un unico alto palo centrale in legno, che le famiglie si tramandano da generazioni. Altre varianti diffuse tra i Tuareg o nelle aree fra Somalia, Kenya ed Etiopia vedono tende realizzate con stuoie o pelli al posto dei teli e con strutture realizzate utilizzando rami ricurvi che possono arrivare a raggiungere una forma a semicupola.
Avremmo molto da apprendere da questa scarna essenzialità: il deserto insegna che tutto ciò che è superfluo è un peso che può addirittura diventare letale. Gli oggetti quindi svolgono spesso più di una funzione o possono essere facilmente riconvertiti alla bisogna; è il caso delle amache per i bambini, che fungono da mobili portaoggetti durante il giorno e da borse per il trasporto delle suppellettili durante gli spostamenti.
Fra i nomadi mauri è invece diffusissimo l’amchaghab,o amsaqqab, un semplice tavolo realizzato con piedi in legno finemente intagliato e decorato, collegati da traversi e tiranti su cui vengono riposti cuscini, coperte e suppellettili. Durante gli spostamenti lo stesso oggetto, ribaltato, diventa una comoda portantina che permette a bambini e donne di viaggiare a dorso di dromedario.
Sembrano racconti di epoche antiche, eppure ancora oggi decine di migliaia di persone fabbricano e abitano questi prodigi dell’ingegno; nuove tecnologie e materiali hanno modificato in parte alcuni elementi senza però alterare i caratteri complessivi delle strutture.
I robusti teli da vela in cotone, rinforzati con doppie cuciture e trattati con impermeabilizzante hanno sostituito da anni la lana di capra o le pelli delle tende tradizionali, così come i tondini d’acciaio per il cemento armato sono diventati valide e resistenti alternative ai paletti perimetrali o ai picchetti per i tiranti, che anticamente erano realizzati con cespugli o grovigli di arbusti che venivano sepolti nella sabbia.
All’interno lo spazio apparentemente indistinto è invece ben separato fra area maschile e area femminile, in cui si trova solitamente lo spazio per il focolare e per il telaio. I pavimenti sono rivestiti di stuoie decorate, spesso anche l’interno dei teli è rivestito da tessuti più leggeri ornati con motivi geometrici e colori sgargianti.
L’orizzonte chiama, ma non si vorrebbe più uscire da qui: il sole del pomeriggio filtra attraverso la stoffa colorata e crea un’atmosfera onirica ricca di riflessi e sfumature, come le vetrate di una cattedrale gotica. Una cattedrale essenziale, austera ed effimera, nel cuore del Sahara.