di Marco Trovato – Direttore editoriale della rivista Africa
Di chi è la colpa se in Italia si parla poco (e male) dell’Africa? Da decenni si denuncia da più parti il disinteresse dei principali mezzi di comunicazione su quanto accade nel continente. I riflettori dei grandi media vengono accesi solo in occasione di immani tragedie: cataclismi, eccidi, crisi umanitarie. Di tanto in tanto si evoca il pericolo dell’invasione dei migranti (una leggenda). Poi torna il buio e il silenzio dell’informazione. Risultato: la gran parte dei cittadini italiani ignora cosa avviene al di là del Mediterraneo e nell’opinione pubblica la parola “Africa” suscita pietà, sfiducia, terrore.
Tutto vero, ma piuttosto che lamentarci di tivù e giornali mainstream, scaricando sempre le responsabilità sul “sistema”, dovremmo farci un esame di coscienza, chiederci se facciamo abbastanza per dilatare l’orizzonte dei nostri interessi. Scopriremmo, forse, che noi per primi siamo parte del problema.
Se i grandi media non si occupano di Africa è perché la gran parte del loro pubblico – ovvero la stragrande maggioranza della popolazione italiana – mostra indifferenza per il continente africano. Che senso ha continuare a lagnarsi del blackout informativo, o denunciare l’inerzia e la negligenza dei grandi gruppi editoriali?
Oggi chi vuole conoscere l’Africa (e il resto del mondo) ha a disposizione un’infinità di mezzi con cui reperire notizie ogni giorno, fonti d’informazione di prima mano, siti web, blog, canali social, think tank, riviste specializzate (come la nostra). L’offerta informativa non è mai stata così ricca. Basta, quindi, con questo refrain – ripetuto come un mantra nel mondo umanitario e missionario – dell’Africa “che non fa notizia”… Sta a ciascuno di noi fare lo sforzo di cercare e consultare notizie, contenuti e analisi… Sempre più a portata di mano. Davvero c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Bisogna semmai imparare a discernere, a selezionare ciò che appare più valido, interessante, utile. Oggigiorno, peraltro, grazie alla rivoluzione digitale tutti possono produrre e condividere contenuti editoriali e culturali. Il vero problema è che informarsi richiede un minimo di tempo e di impegno. L’Africa, nella sua infinita varietà, è piena di contrasti, contraddizioni, sfumature. Ed è costantemente in movimento. Mica facile capirla e raccontarla. Le crisi che la attraversano sono spesso complesse e celano intricate connessioni con molteplici risvolti (altro motivo per cui i grandi media faticano a darne conto: non sempre è facile distinguere i “buoni” dai “cattivi”). Sta insomma a noi – non ad altri – la fatica di informarsi. Solo dedicando tempo e riflessione (merci sempre più rare nelle nostre vite frenetiche schiave dello smartphone) a questa attività potremo farci un’opinione consapevole: potremo così contribuire a diffondere una maggiore conoscenza e una migliore percezione dell’Africa. L’alternativa è continuare a lagnarsi del “vuoto dell’informazione” (che non esiste), un modo facile per autoassolverci e giustificare la nostra ignoranza.