Si è concluso il Toronto International Film Festival che, tra film, documentari e corti, ha presentato 19 opere di registi africani e della diaspora.
Dal debutto da regista della star di Nollywood Genevieve Nnaji al nuovo film del controverso regista sudafricano Jahmil X.T. Qubeka (Of Good Report), la scelta del Festival si è come al solito rivelata di alta qualità sia per i nuovi talenti che per i registi affermati. Tra gli esordi nei lungometraggi di finzione spicca Akasha del regista sudanese Hajooj Kuka che nel 2104 sempre a Toronto si era portato a casa il People’s Choice Award per Beats of the Antonov insolito documentario che attraverso una storia di resilienza e resistenza rifletteva su identità, musica e guerra.
Anche la storia di Akasha si svolge durante la guerra civile scoppiata nel 2011 nelle zone del Sudan in mano ai ribelli. Siamo nella regione delle Nuba Mountains e durante la stagione delle pioggie (e del fango) il conflitto si ferma e i ribelli tornano a casa. È proprio alla fine di questa pausa che inizia una sgangherata, irriverente e romantica commedia su un inedito triangolo amoroso tra un ragazzo, una ragazza e un AK-47.
Adnan è un rivoluzionario, un eroe di guerra in congedo che ama Lina, la sua ragazza, tanto quanto Nancy, il suo AK47 . Quando, come molti altri, cerca di sfuggire ai suoi obblighi di soldato, il comandante Blues lancia un kasha: una retata per arrestare i soldati sfaticati che mancano all’appello. Colto di sorpresa, Adnan si lancia in una rocambolesca fuga con un disertore pacifista, Absi. La strana coppia si ingegna per scappare e per recuperare Nancy e la fiducia di Lina.
Ricco di citazioni (da Fanon a Bob Marley ai grandi classici del cinema africano), Akasha smonta con humor la retorica della guerra, ribalta i ruoli uomo/donna, gioca con i generi, usa con leggerezza immagini psichedeliche, ma sopratutto riporta al centro del racconto la quotidianità delle popolazioni colpite dalla guerra civile.
Un film pacifista e all’avanguardia che pur realizzato con basso budget rivela il talento di un regista che si muove con grazia in un gioco di equilibrio tra realismo e visionarietà.
Il film è stato presentato in prima mondiale alla Settimana della Critica del Festival di Venezia dove purtroppo i due attori protagonisti Mohamed Chakado e Kamal Ramadan, originari delle Nuba Mountains, non hanno potuto raggiungere il regista perché bloccati in Uganda in attesa di ricevere lo status di rifugiati politici.
Hajooj è una delle figure più interessanti del panorama creativo sudanese. Direttore creativo di 3ayin, un network che si occupa del conflitto in Sudan, è membro anche della casa di produzione Refugee Club e organizza workshop di recitazione e filmaking presso le popolazioni del Nilo Blue e delle Nuba Mountains. Nei suoi workshop si impara come documentare la vita quotidiana attraverso il linguaggio visivo e lo storytelling. La compagnia teatrale The Nuba Mountain produce invece spettacoli per cinema e teatro che vengono presentate presso i Nuba attraverso il cinema itinerante.
(Simona Cella)