Un passo indietro nella lotta per i diritti civili in Africa. L’Alta corte del Kenya ha respinto un ricorso che chiedeva di eliminare le leggi coloniali che criminalizzano l’omosessualità nel paese africano. Lo ha riferito il sito del quotidiano keniano Daily Nation. I tre giudici della Corte hanno sostenuto che le frasi del codice penale sono chiare e non contrastano con la legge, sintetizza fuori di virgolette il sito Nairobi News.
Come noto si tratta di leggi, risalenti al periodo coloniale britannico del Paese a maggioranza cristiana, le quali sanzionano anche con 14 anni di carcere «la conoscenza carnale contro l’ordine di natura» o, con cinque anni, «pratiche indecenti fra uomini». L’omosessualità in Kenya è un tabù e negli ultimi anni ci sono stati centinaia di arresti anche se le condanne poi sono rare.
Il pronunciamento dell’Alta Corte keniana ha respinto un ricorso presentato nel 2016 e, qualora fosse stato positivo, avrebbe potuto potrebbe influenzare anche altri Paesi africani, una trentina, dove l’amore omosessuale è reato. In Sudan, Mauritania, Nord della Nigeria, Somalia, Gibuti è addirittura prevista la pena di morte. In Tanzania e Uganda si applica l’ergastolo. Solo in Sudafrica l’omosessualità non è perseguita, anzi è addirittura riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Moltissimi degli africani gay, lesbiche e transessuali chiedono di essere quantomeno rispettati e non demonizzati e stigmatizzati. I diritti e libertà inviolabili alle quali si appellano, sono le stesse di tutti gli esseri umani, credenti e non, e in quanto tali non dovrebbero essere negate a nessuno.