In uno dei Paesi africani più colpiti dall’epidemia di Hiv, dove chi è contagiato dal virus subisce discriminazioni e pregiudizi, l’ong bresciana NO ONE OUT è impegnata a supportare donne e insegnanti sieropositivi che hanno deciso di affrontare la malattia a fronte alta
Il Kenya – oltre 50 milioni di abitanti – risulta essere il terzo Paese al mondo colpito dall’Hiv: 1,6 milioni i contagiati, e più della metà non ne sono consapevoli. Negli anni, il Paese ha fatto progressi notevoli, ma ancora un’elevata percentuale di sieropositivi affronta elevati livelli di discriminazione e stigmatizzazione, che impediscono e condizionano l’accesso al trattamento. Nairobi registra il 65% delle nuove infezioni: la diffusione dell’Hiv è dovuta alla forte densità e mobilità della popolazione nella contea, con circa 160.000 persone che vivono con il virus, per lo più nelle baraccopoli. Qui opera No One Out (ong nata dall’unione di due storiche ong bresciane: Svi e Scaip), da molto tempo impegnata, con il sostegno della Cooperazione Italiana, a supportare gli sforzi della società civile, specie delle giovani e dei giovani, nella lotta all’Hiv.
Tra le realtà con cui collabora c’è un’associazione di donne sieropositive nata nello slum di Korogocho. Si chiama, in kiswahili, “Tuinuke na Tuendelee Mbele” (Alziamoci e andiamo avanti), nome da cui traspare la voglia e la forza di reagire alla discriminazione, all’emarginazione e allo stigma tuttora diffusi. Nella sede dell’associazione le donne si ritrovano per cucire tessuti, fare collane di perline e piccoli oggetti in carta riciclata. Un bell’esempio di inclusione socioeconomica e una storia di successo per l’imprenditoria femminile: l’artigianato di Tuinuke, infatti, non solo è uscito dai confini dello slum, ma è arrivato fino in Europa, con l’aiuto di partner e sostenitori come No One Out.
Le attività dell’ong non si limitano a Nairobi. A Machakos, città a 60 chilometri dalla capitale, è attivo il progetto “By Youth Side!” (Dalla parte dei giovani), sostenuto dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e dal “Fondo globale”, per offrire servizi di salute inclusivi nella lotta all’Hiv, rafforzando seistrutture ospedaliere pubbliche attraverso la formazione degli operatori sanitari e degli insegnanti delle scuole pubbliche della regione. Focus del progetto è la lotta alla discriminazione delle persone Hiv-positive. È grazie a queste attività che No One Out ha incontrato sulla sua strada Benedict Kaindi, uomo di grande esperienza, insegnante di scienze in pensione. Kaindi è presidente di Kenepote, una rete di insegnanti sieropositivi nata a Machakos nel 2008. «All’inizio», racconta, «la grande sfida era anche solo il luogo dove incontrarsi. Non avevamo nemmeno una stanza e l’unico posto in cui potevamo recarci era l’ospedale». A un certo punto, la Teachers Service Commission di Nairobi si è accorta di loro e ha messo gratuitamente a disposizione un ambiente. Il numero degli aderenti a Kenepote continua a crescere, così come cresce la richiesta della loro presenza nelle scuole pubbliche. Il contributo di Kaindi e colleghi è, chiaramente, inestimabile. Parlare con gli studenti condividendo la propria esperienza, animare momenti di educazione sessuale e riproduttiva e sui diritti correlati è un valore aggiunto prezioso, che risponde all’emergenza di giovani studenti e studentesse privi di competenze in materia per la mancanza quasi totale di informazione.
Chi meglio degli stessi insegnanti può aiutare a colmare questo vuoto? Chi meglio di loro può essere ponte tra giovani, comunità, istituzioni e associazioni di cooperazione? Quello che Kenepote fa a Machakos, e che No One Out ha scelto di valorizzare, è cercare di unire i frammenti di una società ancora impreparata e spesso ostile alla tematica Hiv. Mettere la propria esperienza a disposizione fa accrescere consapevolezza, informazione e quindi competenze in studenti e studentesse.
Kenepote è la dimostrazione di cosa significhi essere insegnanti, non come chi detiene gelosamente il proprio sapere ma come chi sacrifica qualcosa di sé, con umanità e generosità, per far migliorare, emergere, volare qualcun altro che non ha gli strumenti per farlo in autonomia.
Lo slancio dato dal recente avvio di questo progetto – unitamente agli altri che No One Out aveva già intrapreso negli slum di Nairobi – si colloca nel solco di ciò che l’organizzazione si prefigge: portare le periferie al centro, lavorare in rete, tessendo relazioni sinergiche con istituzioni e organizzazioni locali, rispettando e sostenendo il loro ruolo chiave nel cambiamento nelle comunità. Dare strumenti e supporto a giovani donne e uomini perché siano informati e in grado di prendere decisioni sulla propria salute, e di impegnarsi affinché il sistema educativo e il mondo del lavoro siano davvero inclusivi, significa offrire reali ed eque opportunità formative e professionali per le fasce di popolazione che vivono quotidianamente il peso delle disuguaglianze economiche e sociali. Dalla parte dei giovani. Sempre!
(contenuto redazionale di Coopera in Africa)