di Céline Camoin
Un recente caso di mutilazioni genitali femminili (Mgf) subite collettivamente da undici bambine in Senegal ha fatto scattare la reazione indignata dell’Onu che ha lanciato l’allarme sulla pericolosità di tali pratiche. Il Paese dell’Africa occidentale è stato pioniere nella lotta alle Mgf adottando una legge nel 1999 che le criminalizza.
Mutilazioni genitali femminili (Mgf) subite collettivamente da undici bambine in Senegal, il 15 febbraio, hanno fatto reagire tre agenzie dell’Onu, indignate e allarmate dal fatto che queste pratiche dannose continuino a essere perpetrate con la complicità di alcuni membri della comunità, nel Paese dell’Africa occidentale.
I fatti hanno avuto luogo nel dipartimento di Goudomp, nella regione di Sedhiou, in Casamance, e le bambine, di età compresa tra cinque mesi e cinque anni, hanno subito un’escissione.
“È intollerabile e ingiustificabile. È fondamentale che ci assumiamo la responsabilità affinché nessuna ragazza soffra di nuovo questa sorte e per raggiungere il nostro obiettivo comune di porre fine alle mutilazioni genitali femminili in Senegal”, ha affermato Tracey Hebert-Seck, rappresentante del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione in Senegal (Unfpa). “Sebbene fino ad oggi non siano stati effettuati arresti, le tre agenzie del sistema delle Nazioni Unite elogiano il lavoro delle forze dell’ordine e dei servizi sanitari e di protezione dell’infanzia, nonché l’impegno di coloro che hanno denunciato questi crimini e contribuito a identificare le vittime”, prosegue la dichiarazione, firmata da Unfpa, Un Women e Unicef.

Chiedono “una rigorosa applicazione delle leggi in vigore” in Senegal, un Paese dell’Africa occidentale che ha svolto un “ruolo pionieristico nella regione adottando una legge nel 1999” che criminalizza in particolare “la perpetrazione, l’istigazione, la preparazione e/o l’assistenza in un atto di mutilazione genitale femminile (Mgf)”. “È difficile comprendere che una violazione così grave dei diritti fondamentali delle ragazze avvenga in un Paese pioniere nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili”, ha dichiarato Arlette Mvondo, rappresentante di Un Women in Senegal, citata nel comunicato stampa.
In Senegal, secondo l’Onu, circa due milioni di ragazze e donne hanno subito mutilazioni genitali femminili e il 12,9% delle ragazze sotto i 15 anni subisce l’escissione.
“Un simile passo indietro è impensabile, dato che l’escissione danneggia l’integrità fisica, la salute e il futuro delle ragazze e compromette la loro dignità. Porre fine a questa pratica è una necessità per garantire pari opportunità e rispetto dei diritti umani”, ha sottolineato Arlette Mvondo.
La mutilazione genitale femminile, che comporta l’alterazione o il danneggiamento dei genitali di una donna per ragioni non mediche, può causare complicazioni come infezioni gravi, dolore cronico, depressione, infertilità e persino la morte. Riconosciute a livello internazionale come una violazione dei diritti umani, sono state praticate da varie società nel corso dei secoli. Secondo un rapporto del 2023 dell’Organizzazione mondiale della Sanità, per quanto riguarda l’Africa, i 10 paesi più colpiti sono Guinea (94,5%), Mali (88,6%), Sierra Leone (83%), Eritrea (83%), Burkina Faso (75,8%), Gambia (72,6%), Mauritania (66,6%), Etiopia (65,2%), Guinea-Bissau (52,1%) e Costa d’Avorio (36,7%).