Il governo di Harare scommette sull’estrazione di oro per rilanciare la propria economia. La crisi sanitaria globale e le sue conseguenze economiche hanno portato il prezzo del prezioso metallo giallo a livelli record, rompendo, per la prima volta nella storia, la soglia simbolica di 2.000 dollari l’oncia. Lo Zimbabwe spera di sfruttare questa dinamica di mercato per avviare una ripresa in un’economia malconcia.
Circa il 60% della superficie terrestre del Paese è infatti composta da rocce granitiche che racchiudono strati sedimentari, noti come cinture di pietra verde, i quali ospitano depositi d’oro, minerali industriali e metalli di base. Nonostante questa abbondante ricchezza, negli ultimi due anni, la produzione del prezioso metallo giallo è calata drasticamente. Nel 2019 la produzione è scesa a 27,6 tonnellate, il 16% in meno rispetto al 2018. Di queste 27,6 tonnellate consegnate, 17,47 sono state estratte da minatori artigianali e 10,181 tonnellate da imprese industriali. Secondo la banca centrale, questo declino è legato alla mancanza di energia elettriche e di attrezzature adeguate.
Attualmente, il settore minerario rappresenta il 60% delle esportazioni dello Zimbabwe. Gli analisti prevedono che il calo del 4,1% dello scorso anno, potrebbe essere compensato da una crescita del 7,7%, quest’anno.
Le autorità di Harare dovranno però lottare anche per porre fine al commercio illecito di oro. Recentemente, il governo ha stabilito regole per cercare di ridurre le perdite, ma le norme non sono sempre applicate.