Di Federico Pani – Centro studi AMIStaDeS APS
I recenti casi di antisemitismo, sorti anche dopo la decisione di Pretoria di portare Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia con l’accusa di genocidio contro i palestinesi, stanno allarmando la comunità ebraica sudafricana che ora si interroga sul proprio futuro nel Paese.
Il cricket è il terzo sport più popolare in Sudafrica. La vigilia della Coppa del Mondo U19 è stata scossa dalla notizia della rimozione di David Teeger dalla carica di capitano della nazionale sudafricana. Il motivo? Teeger si era trovato al centro di una polemica per le sue dichiarazioni pro-Israele. Il caso-Teeger mette in luce le tensioni nel Paese dopo l’accusa di genocidio del governo contro gli israeliani presso la Corte internazionale di giustizia.
La decisione di portare Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia e il sostegno del governo di Pretoria al popolo palestinese è stato criticato dai leader della comunità ebraica del paese.
Attualmente, la comunità ebraica in Sudafrica conta circa 50.000 persone, molte delle quali sono discendenti di coloro che cercarono rifugio dall’oppressione nazista. Negli anni Settanta la comunità ebraica sudafricana era grande tre volte tanto: diversi ebrei furono figure centrali nella lotta contro l’apartheid, tra cui Denis Goldberg, giudicato colpevole insieme a Nelson Mandela nel processo di Rivonia del 1964 e condannato all’ergastolo. La maggioranza dei membri bianchi dell’African National Congress, il principale partito politico sudafricano, erano infatti prevalentemente ebrei.
Il presente. “Uno schiaffo in faccia per tutti gli ebrei del Sudafrica”.
La comunità ebraica-sudafricana considera l’accusa contro Israele come un diversivo portato avanti dall’Anc per distogliere, a pochi mesi dalle elezioni generali, l’attenzione dell’opinione pubblica dai numerosi problemi interni del Paese africano. Numerosi scandali di corruzione ai vertici dell’Anc hanno incrinato la credibilità del partito: alcuni sondaggi prevedono che l’Anc potrebbe aver bisogno, per la prima volta nella sua storia, di formare una coalizione con altri partiti per rimanere al potere.
Per Gabriella Farber-Cohen, ex portavoce della Lega femminile dell’ANC a Gauteng, dimessa dal partito a metà ottobre, l’accusa contro Israele è come “uno schiaffo in faccia per tutti gli ebrei del Sudafrica”.
La decisione di accusare Israele di genocidio sembra aver scatenato un aumento delle tensioni antisioniste nel Paese africano. Recentemente, una serie di episodi hanno messo in evidenza la diffusione dell’antisemitismo nel paese. Se risale a qualche anno fa la notizia dell’adolescente Kiara Cohen, in un parco di Johannesburg, che ha ricevuto gravi intimidazioni antisemite da sconosciuti e quella di Eitan Klein, sedici anni, che fu oggetto di insulti antisemiti da un connazionale sconosciuto e filopalestinese, più recente è il caso del rabbino Moshe Silberhaft, che ha subito un attacco antisemita mentre visitava un cimitero ebraico nella provincia di Free State. Tre individui lo hanno insultato e gli hanno intimato di fare ritorno in Israele a causa della sua identità ebraica. Questi episodi pongono in evidenza una preoccupante crescita dell’intolleranza e della discriminazione nei confronti della comunità ebraica, alimentata dalle tensioni internazionali.
Allo stato dell’arte, il rapporto tra l’Anc e la comunità ebraica sembra dunque essersi logorato. L’accusa di genocidio è solo il capitolo più recente della escalation delle tensioni tra Sudafrica e Israele. Il clima di tensione potrebbe indurre gli ebrei sudafricani a rivalutare il proprio futuro in un paese dal quale sembrano voler emigrare non solo a causa dell’antisemitismo, ma perché spinti da motivazioni come la mancanza di opportunità lavorative e l’alto tasso di criminalità.
Mandela non dimenticò mai il ruolo ebraico nella lotta di liberazione dei neri e riuscì a trovare un intelligente equilibrio tra il sostegno alla causa palestinese e quello di Israele: nel 1997, il leader sudafricano affermò: “Sappiamo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi”. Quell’equilibrio sembra ora soltanto uno sbiadito ricordo per il Sudafrica: ad essere a rischio è il già fragile tessuto sociale sudafricano, logorato da corruzione e crisi economica.