Da minaccia invasiva a opportunità di sviluppo economico, il granchio blu alimenta il quotidiano di pescatori e commercianti in Tunisia. Nel sud e nell’est del Paese, dove prolifera dal 2014, il portunus pelagicus, o granchio blu, diverse società straniere si sono lanciate nell’esportazione del crostaceo, sebbene il suo valore non sia molto alto. Il settore è ancora in fase di strutturazione e si cerca di trarre profitto di questa piaga odiata dai pescatori.
Negli ultimi anni sono state create fabbriche, in particolare a Zarzis (sud-est), che producono granchi congelati destinati all’esportazione, soprattutto verso l’Asia e il Golfo.
Nel gruppo interprofessionale dei prodotti della pesca, Karim Hammami, responsabile dell’assistenza al settore e del suo sviluppo, spiega a Rfi: “Abbiamo preso l’iniziativa di innovare e progettare trappole per la pesca selettiva, piccole gabbie in cui il granchio entra da una porta e non può tornare indietro”.
Sulla spiaggia della Goulette, Omar Lasram, imprenditore e produttore di Boutargue, ha iniziato a elaborare un piano per fare del granchio blu un prodotto locale: “Per metterlo sul mercato nella forma corretta e di buona qualità, era necessario etichettarlo. Un’etichetta di pesca artigianale significa tracciabilità, garanzia di igiene, ecc.”, precisa all’emittente francese. Omar sta ancora cercando di convincere le autorità del suo approccio, che potrebbe anche evitare che i pescatori debbano rivendere i loro prodotti della pesca, compreso il granchio blu, ai commercianti di pesce a prezzi bassi.
Avvistato per la prima volta nel Golfo di Gabes nel 2014, il granchio blu, originario delle Americhe, ha continuato a proliferare sulle coste del Mediterraneo a scapito di altre specie marine, distruggendo pesci e reti. Altamente invasiva, questa specie marina è diventata rapidamente la rovina dei piccoli pescatori tunisini, ma una manna provvidenziale per altri operatori.