di Claudia Volonterio
Ornella Havyarimana, 28 anni è una pugile burundese, stella nascente alle recenti olimpiadi di Tokyo 2020. In quell’occasione la pugile è diventata la prima atleta a rappresentare la piccola nazione dell’Africa orientale nel pugilato alle Olimpiadi, portando con orgoglio la bandiera nazionale alla cerimonia di apertura. Per diventare una pugile il suo percorso è stato in salita. “Mi è stato detto più volte che la boxe era solo per ragazzi, ma non mi sono lasciata fermare”. L’obiettivo della pugile è ora quello di competere ai giochi olimpici di Parigi nel 2024 e portare avanti una battaglia per l’inclusione delle donne nel pugilato.
Intervistata dal sito di Olympics, la pugile burundese Ornella Havyarimana, la prima ad aver rappresentato il suo Paese alle Olimpiadi nel pugilato, rivela le tante difficoltà vissute sulla pelle nel tentativo di emergere come atleta di questa disciplina nel suo Paese, il Burundi, dove il pugilato viene considerato solo di interesse maschile. In tanti l’hanno osteggiata per la sua decisione, la famiglia in primis. Ma il suo amore per il pugilato è stato più forte, nonostante l’inizio burrascoso.
Inizialmente non conosceva nemmeno questo sport, racconta. Cresciuta in un quartiere povero di Gitega, la capitale del Burundi, quando era adolescente vide per caso una competizione di boxe su uno schermo televisivo nella vetrina di un negozio. Non riuscì a staccare gli occhi dallo schermo e cominciò a farsi delle domande. D’istinto capì che avrebbe voluto salire anche lei sul ring un giorno. “Era la prima volta che vedevo la boxe. Non sapevo cosa stavo guardando, ma sapevo che dovevo farlo. Ero così interessata a quello che stavo vedendo che mi chiedevo se il Burundi avesse la boxe.
Il primo approccio reale con la disciplina non fu dei migliori, perché la giovane si è scontrata con i pregiudizi di genere che vedono le donne escluse da sport come questo. Racconta sul sito di Olympics di essere stata anche presa in giro ed esclusa da un gruppo di ragazzi che facevano boxe per strada. Non si è lasciata abbattere e ha cominciato ad allenarsi, confrontandosi spesso come unica ragazza con altri coetanei maschi, con la difficoltà delle differenze fisiche. “A volte venivo picchiata duramente”, rivela.
Le difficoltà le hanno però fatta amare ancora di più quello che faceva. Dalla sua parte c’è sempre stato il suo allenatore che, avendo colto il suo talento l’ha fatta allenare ogni giorno. La sua famiglia e la sua comunità inizialmente non l’hanno sostenuta, osteggiando la sua decisione di intraprendere questo sport, non considerato come una scelta adatta per le donne in Burundi. In particolare il padre ha tentato più volte di impedirle di allenarsi. Ma, di nascosto, Ornella ha continuato a boxare, fino a doversi però allontanare dalla famiglia pur di non abbandonare l’amore per questa disciplina, trasferendosi dalla nonna.
Il suo grande riscatto è stato gareggiare alle Olimpiadi. “Competere alle Olimpiadi è stato un sogno incredibile che si è avverato. Ricordo ancora la passeggiata nello stadio, portando la bandiera del Burundi, ero così orgogliosa. Nessuna donna burundese aveva mai avuto questa esperienza di boxe prima”, commenta Ornella. Con l’esperienza olimpica è cambiato tutto. La sua famiglia ora la sostiene ed è fiera di lei. L’obiettivo della pugile è ora quello di competere ai giochi olimpici di Parigi nel 2024 e portare avanti una battaglia per l’inclusione delle donne nel pugilato, cercando di cambiare la prospettiva in Burundi. “Ora viaggio attraverso il Burundi introducendo la boxe alle ragazze. Ho visto di persona che l’amore per lo sport può cambiare gli atteggiamenti e la cultura.
La sua storia, insieme a quelle ispiratrici di altri giovani atleti africani, ognuno con le proprie difficoltà e trionfi, lotte e punti di forza, speranze e sogni, è ora disponibile in una nuova serie “Playing Fields” visibile in streaming gratuito su su Olympics.com