Il governo sudafricano ha affermato di non avere relazioni bilaterali con Hamas e che la sua posizione in termini di sostegno alla lotta palestinese contro l’occupazione non equivale al sostegno di Hamas. La dichiarazione ufficiale è arrivata dopo la causa intentata davanti alla Corte internazionale di giustizia nella quale Pretoria accusa Israele di genocidio per l’azione militare nella Striscia di Gaza (accusa respinta da Israele).
Ci sono rappresentanti di Hamas in Sudafrica, ma il governo di Pretoria, secondo quanto riportano i media locali, ha continuamente affermato che la sua posizione è unicamente di “sostenere l’umanità e la lotta contro l’occupazione”. Il ministro sudafricano delle Relazioni Internazionali, Naledi Pandor (nella foto), per quanto abbia criticato l’occupazione, ha detto nei giorni scorsi che essa non toglie nulla alla preoccupazione del Sudafrica per le azioni di Hamas del 7 ottobre “in quanto hanno preso di mira i civili”. Quindi il Sudafrica ha cercato di essere il più equilibrato possibile ma, alla fine, ha dichiarato “di voler difendere i diritti dei palestinesi alla libertà e all’indipendenza”.
In questo contesto, anche la Fondazione Nelson Mandela è scesa in campo. In una nota pubblica ha dichiarato ieri: “La Fondazione estende il suo sostegno al team legale sudafricano mentre si presenta oggi davanti alla Corte Internazionale di Giustizia. Augura loro forza e successo nella loro ricerca della verità, della giustizia e della pace. #CeasefireNow”.
Nessun altro Paese, arabo o musulmano, ha mai osato oltrepassare questa “linea rossa” prima. È il commento di Haidar Eid, professore associato presso l’Università al-Aqsa di Gaza e commentatore dell’emittente qatarina al-Kazeera di fronte al ricorso del Sudafrica alla Corte internazionale di Giustizia nel quale accusa Israele di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza.
“Dopotutto – osserva il professore -, questo è Israele, il bambino viziato dell’Occidente coloniale. L’unico progetto che l’Occidente ha insistito nel mantenere in vita dopo la fine dell’era del colonialismo, camuffandolo con slogan dell’Illuminismo e armandolo con le sue armi migliori. Tutti gli Stati della Terra sono senza dubbio consapevoli dei crimini di Israele, ma nessuno osa chiedergli conto per paura di ciò che i suoi protettori coloniali potrebbero fare in risposta”. E ha aggiunto: “Per fortuna, il Sudafrica post-apartheid alla fine ha detto quando è troppo è troppo e ha portato Israele davanti alla massima corte delle Nazioni Unite. La nazione che ha sconfitto uno spietato regime di apartheid e costruito al suo posto uno Stato democratico e multirazziale ha riconosciuto come il silenzio della comunità internazionale stia aprendo la strada agli eccessi mortali di Israele, e ha compiuto un passo importante per porvi fine”.
A Gaza, Amer Salah, 23 anni, profugo palestinese in una scuola delle Nazioni Unite, ha detto all’agenzia di stampa Reuters che spera che il processo possa contribuire ad aumentare la pressione su Israele. “Chiediamo al mondo di dire basta alle uccisioni israeliane, basta ai massacri, basta alla distruzione di Gaza, basta allo spargimento di sangue”.
Il funzionario di Hamas Sami Abu Zuhri, anch’egli sentito da Reuters, ha detto che il suo gruppo sta seguendo il procedimento giudiziario con grande interesse. “La giustizia sarà messa alla prova oggi – ha dichiarato -. Chiediamo alla Corte di respingere ogni pressione e di prendere la decisione di criminalizzare l’occupazione israeliana e di fermare l’aggressione a Gaza”.
Dura è stata la reazione della comunità ebraica sudafricana contro la causa intentata davanti alla Corte internazionale di giustizia nella quale Pretoria accusa Israele di genocidio.
“Il doppio linguaggio e i doppi standard del Sudafrica sono evidenti nella tenace determinazione a rimanere neutrale e a parlare con entrambe le parti nella guerra Russia-Ucraina. Tuttavia, con Israele ha intrapreso costanti azioni punitive, incluso il rifiuto di offrire le condoglianze a Israele – dichiara il Consiglio dei deputati ebraici del Sudafrica -. Dopo il massacro del 7 ottobre, Pretoria chiude l’ambasciata sudafricana, intraprende un’iniziativa presso l’ambasciatore israeliano e ora porta Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia. Il Consiglio dei deputati ebraici si rammarica di tutte le perdite di vite civili. Anche noi desideriamo disperatamente vedere la pace nella regione e sosterremo tutte le iniziative che porteranno ad una soluzione a due Stati. Hamas ha iniziato questa guerra. Hamas può porvi fine. Il Sudafrica potrebbe svolgere un ruolo nel facilitarla”.
In Sudafrica esiste una consistente comunità ebraica che conta più di 50.000 membri. Tradizionalmente contraria al regime dell’apartheid, ha però sempre mantenuto un buon rapporto con i governi bianchi (che, a loro volta, avevano buone relazioni con Israele). Con la fine della segregazione razziale, il Sudafrica guidato dall’Anc ha preso una ferma posizione a fianco dei palestinesi e i rapporti con la comunità ebraica si sono gradualmente raffreddati.