di Andrea Spinelli Barrile
Domenica mattina uno sparuto gruppo di aspiranti golpisti ha cercato di rovesciare il potere in Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Il commando di golpisti era composto da una ventina di uomini armati in divisa, che hanno attaccato tra le 5 e le 5:20 del mattino la residenza di Vital Kamerhe, unico candidato del governo alla presidenza dell’Assemblea nazionale, prendendo poi d’assalto il palazzo presidenziale.
Il leader dei golpisti era Christian Malanga Musumari (nella foto), un ex-ufficiale militare diventato uomo d’affari ed entrato in politica dopo le elezioni del 2011, rimasto ucciso durante lo scontro a fuoco con la Guardia repubblicana congolese. Dopo l’attacco a casa Kamerhe, che ha coinvolto anche la vicina residenza dell’ambasciatore giapponese a Kinshasa, i golpisti si sono diretti alla presidenza, facendo irruzione nei locali e riuscendo ad ammainare la bandiera congolese e ad issare quella del vecchio Zaire, che è il nome con cui si chiamava la Repubblica democratica del Congo sotto il presidente Mobutu Sese Seko.
L’esercito congolese afferma di aver “stroncato sul nascere” il tentativo di golpe: i militari hanno ucciso il leader golpista, Malanga, e tre dei suoi uomini, arrestando nelle successive 48 ore circa 40 altre persone, membri del commando o fiancheggiatori. Le operazioni di ricerca e messa in sicurezza, durate tutta la giornata di domenica fino a tarda notte, non sono state semplici e nella vicina Brazzaville, che è divisa da Kinshasa solo dal fiume Congo, sono caduti colpi di artiglieria esplosi dall’esercito congolese. Che, fortunatamente, non hanno causato vittime. Tra gli aggressori arrestati, che erano dotati di attrezzature militari tra cui un drone da tiro, disturbatori di segnale e fucili d’assalto, c’era anche il figlio di Christian Malanga, Marcel, rimasto vivo, e due cittadini statunitensi di etnia caucasica.
I golpisti hanno girato, in diretta, tre video su Facebook, di cui soltanto il primo è rimasto online, tutti all’interno del Palais de la Nation, il palazzo presidenziale di Kinshasa. Nel video Malanga, che parla in lingua lingala vestito in divisa militare, fucile al collo e berretto rosso, si rivolge ai compagni d’arme e al pubblico dei social lamentando la disillusione per lo stato delle cose nel Paese, citando “la corruzione dilagante” e “l’incompetenza del governo” nel risolvere il conflitto che da oltre 30 anni affligge l’est del Paese. In questo video succedono alcune cose: Marcel Malanga si rivolge al padre chiamandolo “presidente” mentre i suoi uomini ammainano le bandiere congolesi e issano quelle dello Zaire.
In altri due video, questi girati dalle Forze armate congolesi, si finisce in un fast forward cinematografico: i golpisti sono tutti a terra, mani legate o alzate, in stato d’arresto, circondati dai militari. Nella caption del video si apprende della “neutralizzazione” di Christian Malanga. Nel terzo video invece compare una novità interessante: la situazione è completamente sotto il controllo dell’esercito e tra gli aggressori seduti in terra c’è un uomo bianco, caucasico, con la barba e gli occhi imploranti: si tratta di Benjamin Ruben Zalman-Polun, il suo passaporto sarà poi reso pubblico dall’esercito congolese sui social, e non sarebbe l’unico caucasico presente nel commando dei golpisti (ci sarebbero anche cittadini canadesi).
Zalman-Poulon, residente in Maryland negli Usa, ha aperto almeno tre società minerarie in Mozambico nel 2022 e, come lui, anche Christian Malanga aveva creato compagnie minerarie in Mozambico, di cui una, la Ccb mining solutions, proprio con Zalman-Poulon e un altro socio americano, Cole Patrick Ducey. I due cittadini americani tuttavia, in alcuni report di Africa intelligence vengono citati anche come operatori nell’industria della cannabis e delle sigarette elettroniche.
Il leader dei golpisti, il defunto Christian Malanga, era nato a Kinshasa nel 1983 ma viveva nello Utah, Stati Uniti. Vi si era trasferito con la famiglia, i genitori e i suoi cinque fratelli. Nel 2007 è tornato in Rdc per prestare il servizio militare, concluso con il grado di capitano e 250 uomini sotto il suo comando. Nel 2011 ha fondato il Partito congolese unito (Pcu), di cui è stato presidente fino alla sua morte, è tornato negli Usa nel 2012 e il 17 maggio 2017 ha creato un governo congolese in esilio a Bruxelles, in Belgio, proclamando ufficialmente la nascita del “Nuovo Zaire”, che poi è il nome che sarà dato al commando golpista di domenica scorsa. Negli ultimi sette anni Malanga era sparito dalla scena pubblica.
Il figlio di Malanga, Marcel, è invece stato arrestato. Nato in Utah 21 anni fa, il giovane Malanga ha giocato a football alla Copper Hills High School dello Utah, dove si è diplomato nel 2020, e i suoi canali social sono quelli tipici di un adolescente cresciutello, con post sulla filosofia cristiana, diamanti in vendita, fucili d’assalto e presagi geopolitici oscuri. Spesso, Marcel si riferisce a se stesso, nei suoi post, come “Warcel” e in diversi video si fa ritrarre al poligono mentre il padre gli insegna a tirare col fucile. I social media di Warcel sono un inno al trumpismo: in diversi post sostiene l’ex-presidente americano Donald Trump e sembra esserne un seguace anche in questa nuova candidatura repubblicana.
Marcel Malanga viveva con suo padre Christian e la biondissima cittadina americana Britney Sawyer, sua matrigna, che sul suo account Facebook ha commentato il golpe di Kinshasa: Marcel, secondo la matrigna, è “un ragazzo innocente che è stato manipolato dal padre”. Christian Malanga era sposato con Britney Sawyer in seconde nozze. La prima moglie si chiama Lucile, in alcuni post Marcel la chiama “mamma”, e vive a Miami, in Florida. Nella foto profilo su Facebook, Lucile e Christian Malanga appaiono insieme sorridenti: “Presidente della Repubblica democratica del Congo” recita la didascalia. Christine Malanga, figlia di Christian e Lucile, ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Ti amerò per sempre, papà”.
Afrique Media, che appartiene alla galassia mediatica russofona in Africa ed ha un accordo editoriale con Russia today, scrive che la presenza di cittadini americani nel commando golpista rientra in una strategia di Washington, più ampia, volta a destabilizzare l’area dell’Africa centrale: la tv panafricana sostiene infatti, e la teoria è stata poi ampiamente ripresa anche da testate non congolesi né francofone, come il nigeriano Vangard, molto letto, che i cittadini americani nel commando di Kinshasa fossero mercenari della società americana Bancroft, che è tornata in Repubblica Centrafricana nel 2024 dopo anni di assenza e dove convive e divide alcuni appalti con i russi della Wagner Pmc.