Un grido d’allarme è stato lanciato dalla società civile del Nord-Kivu, in particolare del territorio di Walikale, per allertare lo Stato congolese sulle atrocità che si verificano nella regione, con la ripresa dei combattimenti tra i ribelli dell’M23 e i volontari per la difesa della patria, i wazalendo, durante questo fine settimana.
I combattimenti violano gli accordi di cessate il fuoco ottenuto con la mediazione dell’Angola. La ripresa dei combattimenti sarebbe, secondo diverse fonti, su iniziativa dei frontisti contro le forze del governo di Kinshasa. I ribelli cercano di controllare il territorio ricchissimo di minerali del Nord Kivu, la zona di Walikale, e hanno preso la città di Pinga, un’importante base dell’esercito congolese e dei suoi alleati, dove si trova un aeroporto strategico. Il 20 ottobre, l’M23 ha preso il controllo di un’altra città strategica, Kalembe.
Fiston Misona, presidente del coordinamento della società civile Forze vive di Walikale sottolinea che gli scontri hanno determinato massicci spostamenti di popolazione. Denuncia incendi di case e omicidi di civili nelle zone di combattimento. Chiede assistenza alle famiglie sfollate e a coloro che le accolgono, in particolare a Pinga, Buleusa e ovunque nelle zone di Ikobo e Kisimba.
“Il governo deve utilizzare tutti i mezzi possibili affinché gli elementi dell’M23 possano essere rimossi da tutte le aree occupate. Abbiamo elicotteri da combattimento, abbiamo droni… Perché tutti questi strumenti non vengono utilizzati?”, si è chiesto l’attivista della società civile.
“Al di là della questione della lealtà dell’esercito, sorge il dubbio anche sulla capacità del presidente (Felix) Tshisekedi di affrontare il cancro che divora l’est del suo Paese e che, con questo nuovo sviluppo, minaccia di entrare in una fase di metastasi. Tutte queste domande, per il momento senza risposta, dovrebbero spingere il regime di Kinshasa a mettere da parte il proprio orgoglio e a scendere dal piedistallo per dare ogni possibilità ai negoziati in corso a Luanda”, commenta un editoriale del quotidiano burkinabè Le Pays.
Lo scorso giugno, dopo un anno di indagini, un gruppo di esperti dell’Onu ha affermato di avere ulteriori prove che confermano il coinvolgimento dell’esercito ruandese nella provincia congolese del Nord Kivu, a sostegno dell’M23. Gli investigatori hanno anche puntato il dito contro l’Uganda. Ritengono inoltre, sulla base di diverse fonti, che l’obiettivo finale perseguito da Kigali sia quello di mettere in sicurezza i siti minerari e soprattutto di mettere fuori pericolo i ribelli delle Fdlr, soprattutto hutu, sostenuti, secondo il Ruanda, dall’esercito congolese.