di Rose Buchanan – foto di Luis Tato/Afp
Tra i vicoli di Mathare decine di adolescenti imparano l’arte del fioretto e della spada grazie a Mburu Wanyoike, un giovane qui nato e cresciuto. Che ha fondato un club di scherma divenuto fonte di ispirazione e speranza là dove pareva più improbabile
Vista da fuori, Mathare appare come un groviglio di edifici trasandati e baracche di lamiera in cui sono stipate almeno mezzo milione di persone. Ma basta infilarsi nei suoi vicoli melmosi per scoprire l’insopprimibile voglia di riscatto che alberga in questo slum, tra i più vasti e malfamati di Nairobi, dove i giovani devono combattere ogni giorno la loro personale battaglia contro la povertà e la mancanza di opportunità. C’è chi viene inghiottito dalla disperazione e scivola dal baratro della droga. Chi si fa sedurre dal richiamo delle gang criminali. E chi riesce a inventarsi un futuro diverso. È il caso di Mburu Wanyoike, 27 anni. «Ero un bandito, un gangster»: così racconta senza mezzi termini la sua adolescenza segnata dalla violenza. «Mi hanno sparato addosso, mi sono salvato per miracolo, ma due miei amici non sono stati così fortunati». Se oggi è ancora vivo, lo deve alla scherma. «Avevo visto per caso dei ragazzi che praticavano questa disciplina in una palestra. Il loro allenatore mi ha notato e mi ha fatto provare. Non credevo potesse essere tanto appassionante maneggiare un’arma al solo scopo sportivo. Da quel momento ho passato le mie giornate ad allenarmi lontano dalla strada». Wanyoike ha mostrato di avere talento per la scherma, il che gli ha permesso di vincere una borsa di studio per un’accademia sportiva in Sudafrica, dove ha persino acquisito la qualifica di istruttore.
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Duelli di strada
Avrebbe potuto tentare la fortuna a Johannesburg o a Città del Capo. Ma ha scelto di rientrare a Mathare per aprire una sua palestra, lo Tsavora Fencing Mtaani Club, dove ora insegna l’arte del fioretto, della sciabola e della spada. E per farsi conoscere ha lanciato un programma chiamato Fencing Mtaani, “scherma per le strade” in kiswahili. In pratica, ogni fine settimana tiene sessioni di allenamento nei vicoli della baraccopoli tra rivoli maleodoranti e strade limacciose su cui vanno e vengono carretti e matatu stipati all’inverosimile.
I duelli nello slum richiamano folle di curiosi, in prima fila ci sono sempre bambini a occhi sgranati. Nelle attività sono coinvolte decine di allievi dotati di maschera, guanto, giubbetto protettivo, scarpe e fioretto (l’arma base della scherma). Molti altri decidono di provarci. Dixon Mumia, 17 anni, è rimasto affascinato da quell’insolito spettacolo e ora pratica regolarmente la scherma. Un modo per stare lontano dai guai. «Prima passavo le giornate a rubare, non ero un bravo ragazzo», racconta. «Ora grazie a questo sport ho cambiato vita, senza nemmeno accorgermene… Alcuni amici mi prendono in giro, dicono che la scherma è una perdita di tempo, che è un gioco da ricchi. Ma io non li ascolto».
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Palestra di vita
Lo Tsavora Fencing Mtaani Club è innanzitutto una palestra di vita. «Qui si imparano valori fondamentali come la disciplina, la tenacia, il rispetto», spiega Wanyoike. «La scherma richiede tanta tecnica, fatta di movimenti precisi che vanno provati e riprovati. Attacchi e parate: ogni atleta deve ripeterli all’infinito. La costanza fa parte del processo educativo. Aiuta a memorizzare, a perfezionarsi, soprattutto a riflettere e a rispettare le regole dello sport. Regole non poi così diverse da quelle della vita. La scherma può davvero essere uno strumento di riscatto. È quello che insegno ai miei allievi».
Far funzionare una palestra di scherma a Mathare è impresa non da poco. Secondo EduKenya, un ente di beneficenza che opera nello slum, il reddito medio giornaliero dei residenti è di circa due dollari. Mentre il costo dell’attrezzatura e delle spese di gestione supera i 2.500: una cifra insostenibile per la comunità. Per far quadrare i conti Wanyoike va in giro a rastrellare sponsor, necessari per mantenere basse le quote di iscrizione. «Faccio il possibile per non tenere fuori nessuno». Includere, educare, salvare: è la triplice missione del suo club. «Sono nato qui, ma non voglio restare qui», dice Mumia. «Sento che la scherma può aiutarmi a trovare la mia strada… Spero di diventare un professionista del fioretto per guadagnarmi da vivere con questa attività sportiva».
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Eline Marendes, 16 anni, sognava di fare la ballerina, ora danza con la spada: quando la impugna inizia a volteggiare elegante e leggera come si trovasse su una vera pedana. «All’inizio pensavo fosse uno sport pericoloso, avevo timore di farmi male; ben presto ho capito che si tratta di una disciplina nobile, raffinata, magica». Ciò che mancava a Mathare.